Le piene estive del Nilo (versione latino seneca)

Le piene estive del Nilo
Autore: Seneca

Sed nunc ad inspiciendas causas, propter quas aestate Nilus crescat, accedam et ab antiquissimis incipiam.

Anaxagoras ait ex Aethiopiae iugis solutas niues ad Nilum usque decurrere. In eadem opinione omnis uetustas fuit: hoc Aeschylus, Sophocles, Euripides tradunt. Sed falsum esse argumentis pluribus patet. Primo Aethiopiam feruentissimam esse indicat hominum adustus color et Trogodytae, quibus subterraneae domus sunt. Saxa uelut igni feruescunt non tantum medio sed inclinato quoque die; ardens puluis nec humani uestigii patiens; argentum replumbatur; signorum coagmenta soluuntur; nullum materiae superadornatae manet operimentum. Auster quoque, qui ex illo tractu uenit, uentorum calidissimus est. Nullum ex his animalibus quae latent bruma umquam reconditur, etiam per hiemes in summo et aperto serpens est. Alexandriae quoque, quae longe ab immodicis caloribus posita est, niues non cadunt; superiora pluuia carent. Quemadmodum ergo regio tantis subiecta feruoribus duraturas per totam aestatem niues recipit? Quas sane aliqui montes illic quoque excipiant: numquid magis quam Alpes, quam Thraciae iuga aut Caucasus? Atqui horum montium flumina uere et prima aestate intumescunt, deinde hibernis minora sunt: quippe uernis temporibus imbres niuem diluunt, reliquias eius primus calor dissipat. Nec Rhenus nec Rhodanus nec Hister nec Caystrus subiacens Tmolo aestate proueniunt: et illis altissimae, ut in septemtrionibus, iugiter sunt niues. Phasis quoque per idem tempus et Borysthenes crescerent, ut niues flumina possent contra aestatem magna producere. Praeterea si haec causa attolleret Nilum, aestate prima plenissimus flueret; tunc enim maxime integrae adhuc niues ex mollissimoque tabes est: Nilus autem per menses quattuor liquitur et illi aequalis accessio est. Si Thaleti credis, etesiae descendenti Nilo resistunt et cursum eius acto contra ostia mari sustinent: ita reuerberatus in se recurrit nec crescit, sed exitu prohibitus resistit et quacumque mox potuit ui congestus erumpit. Euthymenes Massiliensis testimonium dicit: "Nauigaui, inquit, Atlanticum mare: inde Nilus fluit, maior, quamdiu etesiae tempus obseruant; tunc enim eicitur mare instantibus uentis.

Cum resederunt, et pelagus conquiescit minorque descendenti inde uis Nilo est. Ceterum dulcis mari sapor est et similes Niloticis beluae".
Ma ora mi accingerò a esaminare le cause per le quali il Nilo cresce in estate, cominciando dalle spiegazioni più antiche. Anassagora dice che dalle catene montuose dell’Etiopia le nevi che si sciolgono scendono fino al Nilo. Tutta l’antichità condivise questa opinione: la tramandano Eschilo, Sofocle, Euripide. Ma che essa sia errata, è dimostrato chiaramente da più prove. Prima di tutto il colorito abbronzato degli uomini e i Trogloditi che vivono in abitazioni sotterranee indicano che l’Etiopia è un paese caldissimo. Le rocce si riscaldano come per effetto del fuoco non solo a mezzogiorno, ma anche quando il sole volge al tramonto; la polvere scotta e non permette ai piedi umani di posarvisi; l’argento perde le parti di piombo; le giunture delle statue si sciolgono; nessun rivestimento di oggetti placcati resiste. Anche l’austro, che viene da quella regione, è il più caldo dei venti. Nessuno degli animali che d’inverno si nascondono va a rintanarsi; anche durante l’inverno il serpente resta in superficie e all’aperto. Anche ad Alessandria, che è situata lontano da queste zone esageratamente calde, non cade la neve; più a nord mancano le piogge.
Com’è possibile, dunque, che una regione esposta a una simile calura abbia delle nevi che durano tutta l’estate? Ammettiamo pure che anche lì ci siano delle montagne che le accolgano: ma ne accoglieranno più che le Alpi, le catene montuose della Tracia o del Caucaso? Eppure, i fiumi che scendono da queste montagne in primavera e all’inizio dell’estate si gonfiano, poi d’inverno si abbassano al di sotto del loro livello, poiché d’inverno le piogge fanno sciogliere la neve, e i primi caldi fanno sparire quel che ne restava.

Né il Reno né il Rodano, né il Danubio, né l’Ebro, che scorre ai piedi dell’Emo, crescono d’estate: eppure, essi, come avviene nelle regioni settentrionali, sono coperti da uno spesso strato di nevi perenni. Anche il Fasi e il Boristene si ingrosserebbero nella stessa stagione, se le nevi potessero, malgrado l’estate, aumentare il livello dei fiumi. Inoltre, se questa fosse la causa che fa crescere il Nilo, esso sarebbe in piena all’inizio dell’estate, poiché proprio quello è il momento in cui le nevi sono ancora intatte e si sciolgono gli strati più molli: il Nilo, invece, si ingrossa per quattro mesi e il suo accrescimento è regolare. Se credi a Talete, i venti etesii contrastano la discesa del Nilo e ne arrestano il corso, spingendo il mare contro le foci: così, respinto, ritorna su se stesso e non cresce, ma, trovando l’uscita sbarrata, si ferma e accumulandosi, si fa largo ovunque può. Eutimene di Marsiglia ci offre questa testimonianza: «Ho navigato», dice, «nell’oceano Atlantico: da lì scorre il Nilo, gonfiandosi finché i venti etesii rispettano la loro stagione, poiché allora il mare vi si riversa dentro. Quando i venti si sono placati, anche il mare ridiventa calmo e perciò esercita una pressione minore sulla discesa del Nilo. Del resto, il sapore del mare è dolce e le bestie sono simili a quelle del Nilo».

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