Questa poesia fa parte del libro "La religione del mio tempo" di Pier Paolo Pasolini. <
In questa poesia risalta la sua smisurata polemica e la sua passione civile, che egli fa attraverso la critica di un presente non dotato di spirito religioso di una società borghese, al mondo istituzionale e alla religione, nonché esprime tutto il suo disprezzo per un'Italia corrotta e e per l'eccesso di moralismo e bigottismo, tipicamente italiano che viene praticamente urlato in questa sua poesia.
Con queste parole dure Pasolini fa il ritratto quindi di una nazione contradditoria e disonesta. Questo scritto rappresenta Pasolini, ovvero un uomo estraneo alla società del suo tempo, a volte considerato un eretico ed un folle ma che dalla sua profonda solitudine da sempre voce alla critica del suo tempo a difesa della bellezza, della semplicità e dell'onestà. Purtroppo queste sue parole sembrano ancora estremamente vere e ancor più attuali oggi, pensando alle intemperie in cui ci troviamo immersi, di quando nel 1961 egli le ha scritte.