da *Yole* » 28 mar 2009, 19:47
Alcyone: L'onda
È una delle più famose liriche di D'Annunzio (il che non significa delle più valide); e, come si legge sul manoscritto autografo, fu composta il 21 agosto 1902 e pubblicata per la prima volta nell'Alcyone. Il lungo componimento ha una finalità fonica più che descrittivi: il poeta si impegna virtuosisticamente per gareggiare sul piano del linguaggio con lo spettacolo naturale «in guisa che le parole paiono rendere in immediatezza di suoni i fluttuanti giuochi del mare accolto in una cala tranquilla».
Una prima lettura di questo testo potrebbe essere fatta mettendone in evidenza con una puntuale analisi la dimensione fonica (o meglio: fonosimbolica) che è indiscutibilmente in esso prevalente. La iterazione di suoni favorita dalla rima baciata e accentuata dalla brevità dei versi (vv. 1-2 tranquilla: scintilla; 4-5: l'antica: lorica; 16-1 i s'ammorza: rinforza ecc.); l'incalzante susseguirsi di voci verbali legate da affinità fonica (vv. 63-66); il riecheggiamento interno di certi gruppi fonici (25-26 ridonda: onda; 24-25 «,Ma il vento riviene /rincalza, ridonda») sono gli artifici tecnici ai quali il poeta ricorre per realizzare questa dimensione fonica del componimento. Ma un esame di questo genere - nel quale per la verità qualcuno è arrivato a sottigliezze piuttosto eccessive - può solo costituire il punto di partenza per arrivare a conclusioni più generali. Per arrivare, per esempio, a sottolineare che quello che più interessa a D'Annunzio in questi cento versi è il virtuosismo linguistico, una strenua lotta impegnata con la lingua per sfruttarne tutte le valenze. Più che poeta della natura (come ne La sera fiesolana) qui D'Annunzio è "poeta del vocabolario". Una conferma di questa sostanziale "freddezza" del componimento-che resta comunque una straordinaria prova di virtuosismo (il Roncoroni parla di «funambolismo verbale») - ci viene da quanto ha ampiamente dimostrato il Praz e cioè che la lirica è tutta tramata di termini e di immagini che si trovano nel Vocabolario marino e militare del Padre Maestro Alberto Guglielmotti, alle voci "onda" e "vento". Già per altre sue pagine D'Annunzio aveva fatto ricorso al lessico tecnico di questo testo, ma, scrive il Praz, dopo avere addotto moltissimi esempi, «il lessico non serve soltanto di sussidio all'ispirazione dannunziana: talvolta un'intera poesia sgorga da una concordanza di parole belle e bene sonanti. È il caso della celeberrima Onda [...] D'Annunzio ha dunque trattato il Guglielmotti a guisa di marmo michelangiolesco, rinnovandone il soverchio, e cavandone una cosa d'arte».
I due versi conclusivi, poi, confermano il significato di esercizio letterario, che si deve attribuire - ci sembra - a questo componimento, che è inseribile fra l'altro nel gusto decadente per il ricorso al termine desueto o di preziosistica derivazione latina (intento, lorica, dismaglia, s'alluma, s'infiora) al materiale prezioso (crisopazi e berilli). In tali versi l'inatteso "ingresso" del poeta mira esplicitamente a lodare la "strofe lunga", è un dichiarato compiacimento del componimento realizzato. «L'Onda quindi - conclude il Roncoroni - sarebbe anche una sorta di celebrazione, enfatica e ancora una volta superomistica, dell'estrema duttilità dello strumento espressivo impiegato dal poeta e, in ultima analisi, anche una sorta di monumentale esaltazione della capacità creativa della poesia».