ehm....

Messaggioda ely » 8 set 2008, 10:51

ehm...ho ankora bisogno di voi...ultimo aiuto per le vacanze....
lo ammetto italiano e fare temi o recensioni o commenti non mi piace affatto...anzi lo odio...
kmq avrei bisogno di commenti su alkuni articoli della costituzione(qualsiasi articolo va bene)
io non ho la più pallida idea di cosa scrivere...boh...
qualk1 mi puoi aiutare???
grazie mille

ely

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Risposte:

Messaggioda Shady » 8 set 2008, 11:44

mmm complicato...

dai un'occhiata a questi appunti...



Art. 3
Le prime leggi che hanno tutelato la condizione femminile nascono solo negli anni ’70 per i movimenti femministi che si verificavano in quest’epoca.
Le donne hanno rivendicato i diritti: diritto alla parità ed a una maternità consapevole.
Art. 4
L’art. 4 garantisce il diritto al lavoro ma non ha trovato piena realizzazione.
Il lavoro costituisce fonte di sostentamento dell’individuo ed è questo il mezzo indispensabile per affermare la propria indipendenza e autonomia.
Riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e sancisce l’impegno della repubblica nel creare le condizioni per renderlo effettivo.
Allo Stato è affidato il compito di predisporre programmi che assicurino la stabilità del lavoro e ne favoriscano l’accesso esempio interventi a sostegno di aziende in difficoltà o corsi di formazione professionale.
Art. 7
Lo Stato ha emanato la legge n. 7 del ’63 x evitare il licenziamento delle donne se si sposavano.
Per altri 8 anni la condizione non si modificò poiché la prima legge che tutelava sia il lavoro pubblico che privato fu la legge 2024 del ’71.
Questa legge stabilisce che una donna incinta ha diritto a un’astensione dal lavoro dal sesto mese di gravidanza fino a due anni dopo la nascita del bambino.
Questa legge venne modificata nel 2000 dalla legge n. 53 riguardante i congedi parentali.
La legge 53 del 2000 è nata sul modello del nord Europa ed ha esteso la possibilità di rimanere a casa dal lavoro entrambi i genitori per un bambino ammalato fino ai suoi 8 anni di vita.
Questa legge fu una grande conquista ma il contenuto non riscontra grande attuazione.
Art. 9
Il secondo comma dell’art 9 è di estrema importanza perché contiene un concetto ( quello di paesaggio) che ha subito nel corso degli ultimi 50 anni una profonda evoluzione.
N.B. La nozione di paesaggio non è più intesa come un bel luogo da conservare ma va interpretata come ambiente naturale suscettibile di modificazioni da parte dell’uomo per soddisfare le proprie esigenze.
La tutela dell’ambiente è diventato l’obbiettivo di tutti i Paesi industrializzati che in conformità alle direttive dell’U.E. sono tenute ad assicurare la tutela delle risorse naturali pur garantendo lo sviluppo economico e tecnologico.
LA NORMATIVA AMBIENTALE IN ITALIA:
1) La prima legge antismog risale al 1966 e detta misure contenitive dell’inquinamento atmosferico all’interno delle città italiane esposte a maggior rischio.
2) Negli anni ’80 sono state emanate le prime leggi riguardanti le modalità di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
3) Solo nel 1986 è stato istituito il ministero dell’ambiente ( legge 349).
4) La legge 349 ha introdotto la definizione di danno ambientale con lo scopo di individuare e punire i comportamenti che violano l’integrità ambientale.
DEFINIZIONE DANNO AMBIENTALE:
Deterioramento che l’uomo apporta all’ecosistema con la sua attività.
DEFINIZIONE DI ECOSISTEMA:
Insieme di aria, acqua, suolo e organismi viventi inseparabilmente legati tra loro.
N.B. Le imprese che violano le leggi a tutela dell’ambiente sono obbligate al risarcimento nei confronti dello Stato.
Art. 12
Dal 1998 tutti gli uffici ed edifici pubblici ( università, municipi, scuole, prefetto ecc…) sono obbligati ad esporre la bandiera italiana all’esterno di tutti gli edifici pubblici.
Art. 14
In Italia residenza e domicilio sono usati come sinonimi.
DOMICILIO: è il luogo dove la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ( art. 43 cod. civile).
RESIDENZA è il luogo in cui una persona dimora abitualmente
DIMORA: è il luogo in cui una persona soggiorna temporaneamente o occasionalmente.
Art. 21
Prima del 90 poteva trasmettere solo la RAI.
Dopo la legge 223 di Mammì del 90 che legalizzò la presenza della RAI e di MEDIASET avendo così un duopolio.
Attualmente la legge che contesta il duopolio è la legge Gasparri che introduce la DIGITALE TERRESTRE.
Art. 33-34
La legge del 1877 di Coppino introdusse la scuola obbligatoria per le 5 classi di elementari.
Art 35-36
In Italia la Costituzione tutela il lavoro negli articoli 35 e 36:
L’art 35 dice che la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni mentre l’art 36 prevede il diritto di tutti i lavoratori alla retribuzione, al riposo quotidiano, al riposo settimanale e alle ferie annuali.
In Italia abbiamo:
il diritto del lavoro in senso stretto, la legislazione sociale e il diritto sindacale.
1- il diritto del lavoro in senso stretto disciplina il rapporto di lavoro.
2- La legislazione sociale disciplina la previdenza (pensioni), infortuni sul lavoro e malattie professionali.
3- Il diritto sindacale si occupa delle problematiche sindacali.
In Italia esistono due tipologie di lavoro: autonomo e subordinato.
- autonomo (art 2222) è quello svolto senza vincolo di subordinazione.
Vi rientrano: artigiani, commercianti e liberi professionisti.
Si configura come lavoro improprio cioè il titolare realizza un opera compiuta o presta un servizio in piena autonomia.
- Subordinato ( art 2094) è il lavoro prestato alle dipendenze di terzi sia nel rapporto privato
sia in quello pubblico.
La caratteristica fondamentale è il vincolo della subordinazione per cui il lavoratore presta la propria opera di natura intellettuale o manuale alle dipendenze del datore di lavoro seguendone le direttive.
N.B. ogni rapporto di lavoro può essere: a tempo determinato o a tempo indeterminato.
Ogni rapporto di lavoro nasce da un contratto di lavoro.
Il contratto di lavoro può essere: collettivo o individuale.
1 Collettivo: si ha quando è stipulato tra i rappresentanti dei datori di lavoro e tra i
rappresentanti dei lavoratori (sindacati)
N.B. il contratto collettivo è formato da due parti:
una parte economica e una parte normativa.
- La parte economica riguarda i livelli retribuiti.
- La parte normativa comprende: assunzione, qualifica, orario di lavoro e provvedimenti disciplinari.
2 Individuale: è quello stipulato tra il singolo datore di lavoro e il singolo lavoratore.
Esso non può riservare al lavoratore condizioni inferiori a quelle previste dal contratto collettivo.

Shady

 

Messaggioda Shady » 8 set 2008, 11:45

oppure questo...


Nella Costituzione italiana i diritti umani sono riconosciuti e garantiti principalmente dall’articolo 2:

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

I diritti inviolabili dell’uomo sono quelli naturali, e cioè quelli che derivano all’uomo dalla sua natura.
L’affermazione vuole significare che la Repubblica offrirà tutela ai diritti naturali dell’uomo ed impedirà ogni loro violazione.
Degna di rilievo la circostanza che lo Stato non si preoccupa solo della tutela dei diritti dell’uomo come singolo, ma anche di quelli che ad esso spettano nelle formazioni sociali in cui vive ed opera.
Queste formazioni sociali sono soprattutto la famiglia (artt. 29 e segg.), le comunità professionali (art. 39) ed i partiti politici (art. 49).
Questa tutela è una delle caratteristiche più importanti della nostra Costituzione rispetto allo Statuto del 1848, nonché verso le Costituzioni liberali dell’800 che riflettevano la concezione principalmente individualista della Rivoluzione Francese nonostante avesse come suo fondamento la “Declaration des droits de l’homme et du citoyen” (dichiarazione dei diritti umani e del cittadino) e che ponevano i cittadini isolati di fronte allo Stato togliendo importanza costituzionale alle formazioni sociali e ai gruppi intermedi considerati inutili divisori tra lo Stato ed i cittadini.
La norma ha, viceversa, come base il fatto che l’uomo non vive ma isolato, la opera in comunità più o meno vaste e che non si può riconoscere e garantire pienamente la sua libertà se non cogliendo questo suo aspetto sociale.
Poiché il concetto di diritto è profondamente collegato con quello di obbligo, a riconoscimento dei diritti naturali dell’uomo sia come singolo, sia soprattutto come appartenente alla comunità, fa riscontro la riaffermazione che ad esso fanno capo dei doveri naturali, e precisamente quello della solidarietà nel campo politico, economico e sociale.
Oltre agli evidenti significati della natura dei diritti inviolabili suddetti si pone il problema della loro identificazione. A questo proposito, particolarmente nella giurisprudenza costituzionale, i diritti inviolabili sono quelli successivamente e specificamente riconosciuti dalla Costituzione, a cui si devono aggiungere quelli recepiti nel nostro ordinamento in osservanza di obblighi internazionali, come ad esempio la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (L. 4 agosto 1955, n° 848).
La questione poi se essi siano posti tutti sullo stesso piano o se, al contrario, siano elencati in una scala gerarchica sembra più corretto risolverla in quest’ultimo modo.
Infatti, quando il rispettivo esercizio dei diritti inviolabili venga in conflitto (ad es. diritto di stampa e diritti relativi all’incolumità fisica) la soluzione del conflitto dovrebbe avvenire a vantaggio dei beni e degli attributi fondamentali della persona umana e, principalmente, della libertà personale.

A tal proposito va citato anche l’articolo 3:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

In primo luogo si deve dire che la parola “cittadini” è intesa in modo ampio, è cioè riferita a tutti gli uomini e non solo ai cittadini italiani.
Come la maggior parte delle Costituzioni contemporanee, l’art. 3 della nostra Costituzione, proclama solennemente il principio di uguaglianza, ispirandosi così ad un comune senso di giustizia sociale proprio dell’epoca in cui viviamo.
Questo principio si divide in due parti: nella prima si attribuisce genericamente ad ogni “cittadino” pari dignità sociale, intesa come parità di trattamento davanti alla legge (uguaglianza formale), mentre nella seconda si impone più specificatamente di rimuovere gli impedimenti e di operare sulle situazioni che impediscono l’effettivo godimenti dei diritti (uguaglianza sostanziale).
Il significato del principio dell’uguaglianza formale non è che il contenuto delle leggi debba essere uguale per tutti i cittadini, ma solo quello di porre un divieto al legislatore ordinario di sancire una qualsiasi disuguaglianza di trattamento in riferimento al sesso, alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali.
Il significato di queste espressioni sta ad indicare che né il sesso, né la lingua, né le condizioni sociali (vale a dire l'appartenenza all'una o all'altra classe sociale) devono assumere una rilevanza positiva o negativa nelle leggi ordinarie, ne essere assunti quali criteri validi per una diversa disciplina da parte di esse.
Più specificamente a proposito di una diversa disciplina (da parte della giurisprudenza costituzionale) al legislatore, allorché si conforma agli svariati aspetti della vita sociale, non é un divieto prevedere diversità di trattamento per valutare situazioni considerate diverse, quando ciò, nei limiti imposti dalla prima parte dell'art. 3 cost., sia fatto per categoria di destinatari (legge astratta) e non ad personam (legge del caso concreto).
II concetto fondamentale a cui si ispira il primo comma è che il nostro ordinamento non ammette che sia possibile distinguere, per nessun motivo, fra cittadino e cittadino, sia per quanto attiene alla loro dignità sociale, sia per quanto attiene alla loro posizione di eguaglianza di fronte alla legge.
Dire che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale significa che non sono ammesse distinzioni, per cui ad un cittadino spettino certe prerogative onorifiche, o comunque una posizione sociale che non viene riconosciuta agli altri. Un'attuazione di questo principio si trova nella XIV delle Disposizioni transitorie e finali, che sopprime le distinzioni nobiliari.
Dire che tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge significa che i diritti e gli obblighi sanciti da questa si applicano a tutti indistintamente, senza che vi sia possibilità di discriminazione alcuna.
A questo proposito il testo costituzionale si preoccupa di aggiungere che non possono avere rilievo nel nostro ordinamento alcune cause che, in passato o in altri ordinamenti, sono state prese in considerazione per collegarvi diritti ed obblighi diversi.
L 'avere dichiarato che tutte queste distinzioni non possono avere nel nostro ordinamento alcun rilievo ha avuto come conseguenza la caduta di leggi le quali prevedevano un trattamento della donna diverso da quello dell'uomo e la escludevano dall'accesso a determinati uffici pubblici (per es. la magistratura).
Se in futuro venissero emanate leggi che dessero rilievo giuridico ad una delle cause di distinzione sopra elencate, sarebbe incostituzionale e sarebbe possibile ricorrere contro di essa alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 138.
Per quanto riguarda l'attuazione del principio di eguaglianza sostanziale ad esso si provvede con la rimozione di quegli aspetti della vita economica e sociale che, in linea di fatto, ostacolano il pieno sviluppo della personalità del singolo e la sua partecipazione effettiva al godimento dei diritti.
Il secondo comma parte dalla considerazione che le affermazioni di libertà e di eguaglianza contenute nelle costituzioni del secolo scorso non sono servite a creare nel popolo quella coscienza politica che è indispensabile al funzionamento di un regime democratico. Perché ciò sia possibile occorre che i principi di libertà ed eguaglianza acquistino un valore sostanziale e non soltanto formale e siano rimossi quegli ostacoli di ordine economico e sociale che, in pratica, continuano a creare le disuguaglianze abolite dal diritto. La norma in esame ha perciò un evidente carattere programmatico e ad essa si collegano alcune delle norme contenute nel Titolo terzo, soprattutto quelle degli artt. 44, 45, 46 e 47.

Shady

 

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