da giada » 17 feb 2009, 10:26
[quote="tina90"]Allora il tema è la fiaba legata alla povertà come filone logico...quindi ad esempio con storia ci metterei o la crisi del 29 o la guerra fredda...italiano calvino...e poi per le lingue cercavo qualche autore di fiabe inerenti al tema
La prima cosa che mi viene in mente, visto che io mi intendo di latino e greco e quindi magari non ti posso aiutare con le lingue sicuramente
è che per il latino dovresti trovare delle favole di fedro in cui si parla di povertà
ti feccole tutte
Il cane, il tesoro e l'avvoltoio
Il contenuto di questa favola si può adattare agli avari e a
chi, nato povero, aspira a essere detto ricco.
Un cane, mentre dissotterrava ossa umane, trovò un tesoro e poiché aveva profanato gli dei Mani, gli fu inoculata nel cuore brama di ricchezze in modo da pagare il fio alla santa Religione. E così, mentre faceva la guardia all'oro, dimentico del cibo, morì consumato dalla fame. Un avvoltoio si posò su di lui e, a quanto si dice, così parlò: «Ben ti sta, cane, se giaci morto; hai bramato tutto a un tratto ricchezze regali, proprio tu, concepito in un trivio e allevato nello sterco».
• I due muli da soma
Due muli camminavano sotto il peso delle some: uno portava ceste colme di denaro, l'altro sacchi rigonfi di orzo. Il primo, quello dal carico prezioso, procede a testa alta e scuote con il collo la sonagliera tintinnante; il compagno lo segue con passo tranquillo e placido. All'improvviso i briganti piombano addosso sbucando da un'imboscata e nella mischia feriscono il mulo a colpi di spada, arraffano i soldi e trascurano l'orzo di nessun valore. Allora mentre il mulo depredato piangeva la sua sorte, l'altro disse: «Sì, io sono proprio contento di essere stato trascurato, perché non ho perso nulla e non ho subito nessuna ferita».
Questo prova che
la povertà mette l'uomo al sicuro; le grandi ricchezze sono esposte ai pericoli.
Simonide
Il sapiente ha sempre in se stesso le sue ricchezze.
Simonide, che scrisse liriche straordinarie, per sopportare più facilmente la sua povertà, si mise a girare per le famose città dell'Asia, cantando, dietro compenso, le lodi dei vincitori. Divenuto ricco con questo tipo di guadagno, volle ritornare in patria viaggiando per mare; era nato infatti, come dicono, nell'isola di Ceo. Si imbarcò su una nave, che, essendo vecchia, si sfasciò in mare aperto per una terribile tempesta. Ecco alcuni raccattare le borse, altri gli oggetti preziosi, come mezzo per mantenersi in vita. Un tale, alquanto incuriosito, gli chiese: «E tu, Simonide, non prendi niente delle tue ricchezze?» «I miei beni», rispose, «li ho tutti con me». Pochi scamparono a nuoto, i più perirono, appesantiti dal carico. Sono lì pronti i briganti, rapinano quello che ciascuno aveva portato in salvo, li lasciano nudi. C'era vicino l'antica città di Clazomene, dove i naufraghi si diressero. Qui, dedito allo studio delle lettere, viveva un tale che aveva letto spesso i versi di Simonide e ne era grandissimo ammiratore, pur da lontano; riconosciutolo proprio dal modo di parlare, lo volle assolutamente accogliere a casa sua; lo rifornì di vesti, di denaro, di servi. Intanto gli altri naufraghi andavano in giro con il loro quadretto, mendicando da mangiare. Simonide, quando per caso se li vide davanti, esclamò: «Vi avevo detto che tutti i miei beni li avevo con me; quello che voi avete arraffato in fretta e furia, è andato in malora».