[b]Etruscis in urbem ponte sublicio irrumpentibus Horatius Cocles extremam eius partem occupavit totumque hostium agmen, donec post tergum suum pons abrumperetur, infatigabili pugna sustinuit atque, ut patriam periculo inminenti liberatam vidit, armatus se in Tiberim misit. Cuius fortitudinem dii immortales admirati incolumitatem sinceram ei praestiterunt: nam neque altitudine deiectus quassatus nec pondere armorum pressus nec ullo verticis circuitu actus, ne telis quidem quae undique congerebantur, laesus tutum natandi eventum habuit. Unus itaque tot civium, tot hostium in se oculos convertit, stupentis illos admiratione, hos inter laetitiam et metum haesitantis,.
Quando gli Etruschi irruppero nella città attraverso il ponte Sublicio, Orazio Coclite prese la sua estremità e fece fronte all'intero esercito dei nemici con un combattimento infaticabile, nell'attesa che il ponte venisse interrotto alle sue spalle, e, quando vide la patria libera dall'imminente pericolo, si gettò armato nel Tevere. Gli dei immortali, avendo ammirato il suo coraggio, gli assicurarono la totale salvezza: infatti nè scosso dall'altezza della caduta, nè travolto dal peso delle armi, nè portato via da alcun vortice della corrente, e neanche colpito dai dardi che venivano lanciati da ogni parte, ebbe l'esito sicuro di galleggiare. Uno solo dunque tra tanti cittadini rivolse su di sè gli occhi di tanti nemici, quelli (gli occhi) pieni di meraviglia, questi (gli occhi) esitanti tra la gioia e la paura.
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