Tres ferme horas pugnatum est et ubique atrociter; circa consulem tamen acrior infestiorque pugna est. Eum et robora uirorum sequebantur et ipse, quacumque in parte premi ac laborare senserat suos, impigre ferebat opem, insignemque armis et hostes summa ui petebant et tuebantur ciues, donec Insuber eques - Ducario nomen erat -facie quoque noscitans consulem, "En" inquit "hic est" popularibus suis, "qui legiones nostras cecidit agrosque et urbem est depopulatus; iam ego hanc uictimam manibus peremptorum foede ciuium dabo". Subditisque calcaribus equo per confertissimam hostium turbam impetum facit obtruncatoque prius armigero, qui se infesto uenienti obuiam obiecerat, consulem lancea transfixit; spoliare cupientem triarii obiectis scutis arcuere. Magnae partis fuga inde primum coepit; et iam nec lacus nec montes pauori obstabant; per omnia arta praeruptaque uelut caeci euadunt, armaque et uiri super alium alii praecipitantur.
Cruenta in ogni settore, la battaglia durò circa 3 ore; tuttavia era intorno al console che si combatteva in modo più duro e violento. Gli stava accanto il nerbo dei combattenti e lui stesso, ovunque vedesse che i suoi subivano pressione ed erano in difficoltà, portava instancabilmente aiuto. Siccome con la sua armatura era un punto di riferimento, i nemici profondevano ogni sforzo per attaccarlo mentre i suoi concittadini lo proteggevano, ma ad un certo punto un cavaliere insubro -il nome era Ducario - riconobbe anche dalla fisionomia il console e urlò a quelli della sua gente: "Eccolo qui quello che ha sterminato le nostre legioni e ha devastato le nostre campagne e la nostra città. E ora io ne farò una vittima per i mani dei cittadini turpemente trucidati!". Dato spronamento al cavallo, si lanciò dove più serrate erano le file dei nemici: prima uccise uno scudiero che aveva cercato di opporsi al suo assalto, poi trafisse il console con la lancia. I triari si gettarono con i loro scudi a impedire il suo tentativo di spogliarlo. Quello fu l'inizio della fuga per gran parte dei Romani; ormai nemmeno il lago e le montagne riuscivano a frenare la paura e, come ciechi, i Romani cercano di fuggire attraverso i luoghi più stretti e scoscesi mentre armi e uomini precipitano gli uni sugli altri.