Postquam diviso regno legati Africa decessere et Iugurtha contra timorem animi praemia sceleris adeptum sese videt, certum esse ratus, quod ex amicis apud Numantiam acceperat, omnia Romae venalia esse, simul et illorum pollicitationibus accensus, quos paulo ante muneribus expleuerat, in regnum Adherbalis animum intendit. Ipse acer, bellicosus; at is quem petebat quietus, inbellis, placido ingenio, opportunus iniuriae, metuens magis quam metuendus. Igitur ex improuiso finis eius cum magna manu invadit, multos mortalis cum pecore atque alia praeda capit, aedificia incendit, pleraque loca hostiliter cum equitatu accedit, deinde, cum omni multitudine in regnum suum conuertit, existimans Adherbalem dolore permotum iniurias suas manu vindicaturum eamque rem belli causam fore. At ille, quod neque se parem armis existimabat et amicitia populi Romani magis quam Numidis fretus erat, lagatos ad Iugurtham de iniuriis questum misit.
Quando, dopo la spartizione del regno, i legati lasciarono l'Africa, Giugurta, vedendosi premiato, a dispetto di ogni timore, per il suo delitto, ebbe la certezza che a Roma tutto era in vendita, come aveva sentito dire dai suoi amici a Numanzia. Acceso poi anche dalle promesse di quelli che aveva poco prima colmato di doni, rivolse le sue mire al regno di Aderbale. Egli era inquieto, battagliero, mentre l'altro, che egli voleva assalire, era tranquillo, imbelle, di carattere mite, facile vittima della prepotenza, timoroso più che temibile. All'improvviso, quindi, ne invade il paese con forze consistenti, cattura molti uomini, si impadronisce di bestiame e di altro bottino, incendia case, fa incursioni in molti territori con la cavalleria. Poi, con tutti i suoi uomini ritorna nel suo regno, pensando che Aderbale, esacerbato, avrebbe voluto vendicare con le armi l'affronto, fornendo con ciò pretesto alla guerra. Questi, però, sentendosi inferiore sul piano militare e contando più sull'amicizia del popolo romano che sui Numidi, inviò dei messi a Giugurta per lamentarsi dell'offesa.