Sed quo sis,Africane,alacrior ad tutandam rem publicam,sic habeto:omnibus,qui patriam conservaverint,adiuverint,auxerint,certum esse in caelo definitum locum,ubi beati aevo sempiterno fruantur;nihil est enim illi principi deo,qui omnem mundum regit,quod quidem in terris fiat,acceptius quam concilia coetusque hominum iure sociati,quae civitates appellantur;harum rectores et conservatores hinc profecti huc revertuntur".
Hic ego,etsi eram perterritus non tam mortis metu quam insidiarum a meis,quaesivi tamen,viveretne ipse et Paulus pater et alii,quos nos extinctos arbitraremur."Immo vero,inquit,hi vivunt,qui e corporum vinculis tamquqm e carcere evolaverunt,vestra vero,quae dicitur vita,mors est.Quin tu aspicis ad te venientem Paulum patrem?".Quem ut vidi,equidem vim lacrimarum profudi,ille autem me complexus atque osculans flere prohibebat. Atque ut ego primum fletu represso loqui posse coepi: "Quaeso", inquam, "pater sanctissime atque optime, quoniam haec est vita, ut Africanum audio dicere, quid moror in terris? Quin huc ad vos venire propero?". "Non est ita", inquit ille. "Nisi enim deus is, cuius hoc templum est omne, quod conspicis, istis te corporis custodiis liberaverit, huc tibi aditus patere non potest. Homines enim sunt hac lege generati, qui tuerentur illum globum, quem in hoc templo medium vides, quae terra dicitur, iisque animus datus est ex illis sempiternis ignibus, quae sidera et stellas vocatis, quae globosae et rotundae, divinis animatae mentibus, circulos suos orbesque conficiunt celeritate mirabili. Quare et tibi, Publi, et piis omnibus retinendus animus est in custodia corporis nec iniussu eius, a quo ille est vobis datus, ex hominum vita migrandum est, ne munus humanum assignatum a deo defugisse videamini.Sed sic, Scipio, ut avus hic tuus, ut ego, qui te genui, iustitiam cole et pietatem, quae cum magna in parentibus et propinquis tum in patria maxima est; ea vita via est in caelum et in hunc coetum eorum, qui iam vixerunt et corpore laxati illum incolunt locum, quem vides". Erat autem is splendidissimo candore inter flammas circus elucens. "Quem vos, ut a Graiis accepistis, orbem lacteum nuncupatis. "Ex quo omnia mihi contemplanti praeclara cetera et mirabilia videbantur. Erant autem eae stellae, quas numquam ex hoc loco vidimus, et eae magnitudines omnium, quas esse numquam suspicati sumus; ex quibus erat ea minima, quae ultima a caelo, citima a terris luce lucebat aliena. Stellarum autem globi terrae magnitudinem facile vincebant. Iam ipsa terra ita mihi parva visa est, ut me imperii nostri, quo quasi punctum eius attingimus, paeniteret"
Ma perché tu, Africano, sia più sollecito nel difendere lo Stato, tieni ben presente quanto segue: per tutti gli uomini che abbiano conservato gli ordinamenti della patria, si siano adoperati per essa, l'abbiano resa potente, è assicurato in cielo un luogo ben definito, dove da beati fruiscono di una vita sempiterna. A quel sommo dio che regge tutto l'universo, nulla di ciò che accade in terra è infatti più caro delle unioni e aggregazioni di uomini, associate sulla base del diritto, che vanno sotto il nome di città: coloro che le reggono e ne custodiscono gli ordinamenti partono da questa zona del cielo e poi vi ritornano».A questo punto io, anche se ero rimasto atterrito non tanto dal timore della morte, quanto dall'idea del tradimento dei miei, gli chiesi tuttavia se fosse ancora in vita egli stesso e mio padre Paolo e gli altri che noi riteniamo estinti. «Al contrario», disse, «sono costoro i vivi, costoro che sono volati via dalle catene del corpo come da una prigione, mentre la vostra, che ha nome vita, è in realtà una morte. Non scorgi tuo padre Paolo, che ti viene incontro?». Non appena lo vidi, versai davvero un fiume di lacrime, mentre egli, abbracciandomi e baciandomi, cercava di frenare il mio pianto.E appena incominciai ad essere in grado di parlare, dissi: "Ti prego, padre venerando e ottimo, poiché questa è la vita, come sento l'Africano dire, perché indugio su questa terra? Perché non mi dovrei affrettare a venire qui da voi?". "Non è così", disse lui. "Infatti se quel dio, di cui è tutto questo spazio infinito che tu vedi, non ti avrà liberato da questi vincoli del corpo, non è possibile che ti si apra l'accesso verso quassù. Gli uomini infatti sono stati generati con questo compito, affinché custodiscano quel globo che tu vedi nel centro di questo spazio, che è detto terra, e a questi fu data l'anima da quei fuochi eterni, che voi chiamate astri e stelle, le quali, sferiche e rotonde, animate da uno spirito divino, compiono il loro giro circolare con velocità straordinaria. Perciò tu, Publio, e tutti i pii, dovete trattenere l'anima nella prigionia del corpo né senza il consenso di colui, dal quale vi è stata data, dovete migrare dalla vita umana per non sembrare di aver dissertato il compito umano assegnato dal dio.Ma così, Scipione, come questo tuo nonno, come me, che ti generai, coltiva la giustizia e la pietà, che è sia di grande importanza nei confronti dei parenti e dei familiari, sia importantissima nei confronti della patria; tale vita è la via verso il cielo e verso questo consesso di quelli che già vissero e, liberati dal corpo, abitano quel luogo che vedi". E questo era quella zona circolare rilucente di splendidissimo candore tra gli astri fiammeggianti. "(Luogo) che voi, come apprendeste dai Greci, chiamate via lattea; da quel luogo tutto il resto sembrava bellissimo e mirabile a me che lo contemplavo. C'erano infatti quelle stelle, che da questo nostro luogo non abbiamo mai visto, e tale grandezza di tutte queste che mai avremmo sospettato ci fosse, delle quali la più piccola era quella più lontana dal cielo e più vicina dalla terra, che risplendeva di luce non propria. I globi poi delle stelle facilmente superavano la grandezza della Terra. Anzi la Terra stessa mi sembrò così picola, che fui deluso del nostro impero, con il quale occupiamo solo un punto".