Un bene inestimabile - Seneca versione latino

Messaggioda joaquina187 » 7 gen 2010, 12:05

1)"un bene inestimabile" ----------------> "seneca lucilio suo salutem. ita fac, mi lucili: vindica te tibi............................unum est quod ne gratus quidem potest reddere"
2)"la morte dona all'uomo pace e tranquillità"----------------> "mors dororum omnium exsolutio est et finis ultra quem mala nostra non exeunt..............unde nil eum pellat, ubi nihil terreat"
3)"solo il corpo è mortale"----------------------> "imago dum taxat fili tui perit et effigies non simillima.......................et beneficio liberosparens tuus, Marcia"


GRAZIE MILLISSIME IN ANTICIPO!!!!!!!!!!!!!! grazieate grazieate grazieate ILOVEYOU

joaquina187

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Messaggioda giada » 7 gen 2010, 12:49

seneca lucilio suo salutem
Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit. Et si volueris attendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. Quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus: magna pars eius iam praeterît; quidquid aetatis retro est mors tenet. Fac ergo, mi Lucili, quod facere te scribis, omnes horas complectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum inieceris. Dum differtur vita transcurrit. Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta stultitia mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reparabilia, imputari sibi cum impetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere

Seneca Saluta il suo Lucilio
Comportati così, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così, come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell'agire diversamente dal dovuto. Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo, e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata. Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l'altro la vita se ne va. Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l'unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire

giada

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Messaggioda giada » 7 gen 2010, 12:56

Mors dolorum omnium exsolutio est et finis ultra quem mala nostra non exeunt, quae nos in illam tranquillitatem in qua antequam nasceremur iacuimus reponit. Si mortuorum aliquis miseretur, et non natorum misereatur. Mors nec bonum nec malum est; id enim potest aut bonum aut malum esse quod aliquid est; quod vero ipsum nihil est et omnia in nihilum redigit, nulli nos fortunae tradit.Mala enim bonaque circa aliquam versantur materiam: non potest id fortuna tenere quod natura dimisit, nec potest miser esse qui nullus est.
6. Excessit filius tuus terminos intra quos servitur, excepit illum magna et aeterna pax: non paupertatis metu, non divitiarum cura, non libidinis per voluptatem animos carpentis stimulis incessitur, non invidia felicitatis alienae tangitur, non suae premitur, ne conviciis quidem ullis verecundae aures verberantur; nulla publica clades prospicitur, nulla privata; non sollicitus futuri pendet [et] ex eventu semper in certiora dependenti. Tandem ibi constitit unde nil eum pellat, ubi nihil terreat.


La morte è liberazione da tutti i dolori ed il termine oltre il quale i nostri mali non possono passare, e che ci ripone in quella pace nella quale ci trovavamo prima di nascere. Se qualcuno ha compassione dei morti, l’abbia anche di quelli che non sono nati. La morte non è né un bene né un male; infatti può essere un bene o un male ciò che è qualcosa; ma ciò che non è nulla e trascina ogni cosa nel nulla non ci dà a nessuna fortuna. Infatti i mali e i beni si esplicano su qualcosa di materiale: la fortuna non può governare ciò che la natura ha lasciato andare, e non può essere infelice chi non è nulla. Tuo figlio ha oltrepassato i confini entro i quali si è schiavi, lo ha accolto una grande ed eterna pace: non è assalito dalla paura della povertà, né dalla preoccupazione per la ricchezza, né dagli stimoli della passione, che assale gli animi attraverso il piacere, non è toccato dall’invidia per la felicità altrui, non è oppresso da quella per la propria, le sue orecchie rispettose non sono ferite neppure dal minimo schiamazzo; non assiste allo spettacolo di nessun assassinio pubblico né privato; non ansioso per il futuro, non dipende da eventi che brancolano nell’incertezza. Infine egli si è stabilito laddove nulla lo possa scacciare o spaventare.

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