Con Sagunto non erano ancora aperte le ostilità, ma Annibale stava già provvedendo a seminare discordie con i popoli confinanti, soprattutto i Turdetani. I Saguntini, rendendosi conto che i Turdetani erano sostenuti proprio da colui che stava fomentando contrasti e che non si stava cercando la soluzione di una controversia giuridica ma solo un pretesto per passare alla violenza, mandarono ambasciatori a Roma per chiedere aiuto in previsione di un conflitto ormai vicinissimo. Erano allora consoli a Roma Publio Cornelio Scipione e Tiberio Sempronio Longo: essi introdussero gli ambasciatori in Senato, e successivamente posero in discussione la situazione politica. Fu deciso di mandare degli ambasciatori in Spagna per compiere un 'inchiesta sulle condizioni degli alleati. Se la causa fosse sembrata legittima, gli ambasciatori dovevano intimare ad Annibale di non toccare i Saguntini, alleati del popolo romano. Dovevano poi trasferirsi in Africa, a Cartagine, per riferire le lamentele degli alleati del popolo romano. Questa delegazione era ormai decisa, ma non ancora partita quando giunse, inaspettata, la notizia che Sagunto era già sottoposta ad assedio.
Allora l' affare fu nuovamente pórtalo al senato. Altri assegnando ai consoli la Spagna e l' Affrica, volevano, che si guerreggiasse per mare e per térra ; altri dirigevan tutte le forze contro la Spagna sola e contro Annibale. V era chi pensava non doversi cosí alia ventura dar moto a cosa di tanta importanza, ma si aspettare il ritorno degli ambasciatori dalla Spagna. Vinse questo parère, che sembrava il più. cauto ; e quindi affrettatosi manda laa dei legati Publio Valerio Flacco, e Quinto Bebió Tanfilo, prima ad Annibale , a Sagunto, poi, se le ostilità non fossero cessate , a Cartagine , a chiedere, che fosse consegnato Annibale stesso in pena di aver violato i trattati.