Saepe ego mecum, Patres Conscripti, tacitus agitavi, qualem quantumque esse oporteret, cuius ditione nutuque maria, terrae, pax, bella regerentur: quum interea fingenti formantique mihi principem, quem aequata diis immortalibus potestas deceret, nunquam voto saltem concipere succurrit similem huic, quem videmus. Enituit aliquis in bello, sed obsolevit in pace: alium toga, sed non et arma honestarunt: reverentiam ille terrore, alius amorem humanitate captavit: ille quaesitam domi gloriam in publico, hic in publico partam domi perdidit. Postremo adhuc nemo exstitit, cuius virtutes nullo vitiorum confinio laederentur. At Principi nostro quanta concordia, quantusque concentus omnium laudum omnisque gloriae contigit! Ut nihil severitati eius hilaritate, nihil gravitati simplicitate, nihil maiestati humanitate detrahitur! Iam firmitas, iam proceritas corporis, iam honor capitis, et dignitas oris, ad hoc aetatis indeflexa maturitas, nec sine quodam munere deum festinatis senectutis insignibus ad augendam maiestatem ornata caesaries, nonne longe lateque principem ostentant?
Padri Costritti, spesso pensavo dentro di me di quale e di quanta altezza deve essere dotato colui al cui comando e cenno i mari e le terre, la pace e la guerra debbano regolarsi: ebbene per molto che io mi rafigurassi e fantasticassi un principe cui si potesse convenire un potere simili a quello degli dei immortali non mi è mai riuscito di immaginarmi nemmeno col desiderio un principe simile a questo che abbiamo sotto ai (nostri) occhi. Uno fu inclito in guerra ma visse oscuro in pace un altro fu famoso per la toga non così (altrettanto) per le armi chi si acquistò rispetto con la paura chi solo nella bassezza trovò l'amore. questi perse in pubblico la gloria acquisita in privato questi perse in casa la gloria procuratasi in pubblico infene nessuno ebbe fino a questo giorno le cui virtù non fossero offese da qualche macchia. Ma al nostro principe quale concordia e quale insieme di tutte le lodo e di ogni gloria toccò in sorte! sicche alla severità di lui nulla toglie la gioia, nulla alla gravità il semplice portametno nulla alla maestà la amabilità. La robustezza e quell'altezza poi della persona la nobiltà della fronte e la dignità del sorriso, la non indebolita maturità degli anni e quella chioma, non senza un certo volere dei dei, ornata in anticipo dei contrassegni della vecchiaia per crescergli riverenza non lo fanno anche da lontano riconoscere per (l'essere) un principe?