Charondas ad vim et cruorem usque seditiosas contiones civium pacaverat lege cavendo ut, si quis eas cum ferro intrasset, continuo interficeretur. interiecto deinde tempore e longinquo rure gladio cinctus domum repetens, subito indicta contione sic ut erat in eam processit, ab eoque, qui proxime constiterat, solutae a se legis suae admonitus 'idem' inquit 'ego illam sanciam' ac protinus ferro, quod habebat, destricto incubuit, cumque liceret culpam vel dissimulare vel errore defendere, poenam tamen repraesentare maluit, ne qua fraus iustitiae fieret.
Caronda aveva pacificato le turbolente assemblee dei suoi concittadini, nelle quali si arrivava alla violenza e allo spargimento di sangue, disponendo per legge che, se qualcuno vi si presentasse in armi, venisse senz'altro ucciso. Trascorso, quindi, un certo periodo di tempo, un giorno egli tornava a casa da un suo lontano fondo, armato di spada, quand'ecco, essendo stata all'improvviso convocata l'assemblea, egli vi entrò così come si trovava, ed avvertito da chi gli stava più vicino che aveva violato la propria legge, « Io stesso », disse, « l'applicherò », ed impugnata subito la spada che aveva, vi si gettò sopra: mentre gli sarebbe stato possibile o dissimulare la colpa o scusarla con l'errore, preferì essere l'immagine viva della pena eseguita, ad evitare che si commettesse una frode contro la giustizia