Ulisse, abbandonata la nave sulla spiaggia, dopo essersi diretto con pochi compagni in mezzo all’isola, luoghi ignoti per esplorarli e conoscere il genere degli abitanti, giunse alla gotta del ciclope Polifemo, figlio di Nettuno. I ciclopi erano giganti feroci i quali erano molto lontani dalla raffinatezza e dalla natura umana; Polifemo era il più feroce di tutti questi. Ulisse, non potendo contenere l’innata curiosità, volle entrare nella grotta. Certamente i compagni, prevedendo che ciò non sarebbe stato affatto utile a loro, desideravano fuggire subito, ma quello li trattenne. Poiché Polifemo la sera aveva ricondotto il gregge alla grotta dai monti vicini e aveva chiusa la porta con un enorme masso, Ulisse gli si avvicinò e supplicò: ‘‘Sii misericordioso a noi, o ciclope! Siamo lontani dalla patria già da tempo. Io che sono a capo di questi uomini, fui uno dei loro condottieri che presero parte alla guerra di Troia. In nulla nuoceremo a te o ai tuoi beni, ma al contrario tutte le cose che sono necessarie alla vita ci mancheranno. Quindi soccorrici: ti prometto che noi ti saremo sempre memori del tuo favore. Di certo se sarai crudele verso di noi, saranno in collera con se invece ci accorderai pietà, gli stessi ti saranno favorevoli.
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