Censores fideli concordia senatum legerunt. princeps lectus est ipse censor M. Aemilius Lepidus pontifex maximus: tres eiecti de senatu; retinuit quosdam Lepidus a collega praeteritos. opera ex pecunia attributa diuisaque inter se haec [con]fecerunt. Lepidus molem ad Tarracinam, ingratum opus, quod praedia habebat ibi priuatamque publicae rei impensam ins<er>uerat; theatrum et proscaenium ad Apollinis, aedem Iouis in Capitolio, columnasque circa poliendas albo locauit; et ab his columnis, quae incommode opposita uidebantur, signa amouit clipeaque de columnis et signa militaria adfixa omnis generis dempsit. M. Fuluius plura et maioris locauit usus: portum et pilas pontis in Tiberi, quibus pilis fornices post aliquot annos P. Scipio Africanus et L. Mummius censores locauerunt imponendos; basilicam post argentarias nouas et forum piscatorium circumdatis tabernis quas uendidit in priuatum; [et forum] et porticum extra portam Trigeminam, et aliam post naualia et ad fanum Herculis et post Spei ad Tiberim <et ad> aedem Apollinis medici. habuere et in promiscuo praeterea pecuniam: ex ea communiter locarunt aquam adducendam fornicesque faciendos. impedimento operi fuit M. Licinius Crassus, qui per fundum suum duci non est passus
I censori provvidero alla revisione delle liste senatorie con lealtà e concordia. Fu scelto a membro più autorevole del senato proprio il censore Marco Emilio Lepido, che era anche pontefice massimo; tre furono gli espulsi dal senato, mentre altri furono riconfermati da Lepido contro la volontà di espulsione del collega. Il denaro stanziato per loro e tra loro diviso permise di realizzare queste opere: Lepido fece costruire un muraglione fino a Terracina ma i lavori gli crearono qualche impopolarità perchè egli possedeva là delle campagne e aveva fatto spendere all'erario dei soldi per suoi interessi personali; fece costruire un teatro e un proscenio vicino al tempio di Apollo; diede in appalto i lavori di nuova intonacatura del tempio di Giove sul Campidoglio e delle colonne circostanti; inoltre, fece togliere da queste colonne le statue che, con molto poco gusto, vi erano state addossate; sempre dalle colonne rimosse tutti gli scudi e tutte le insegne militari di ogni genere che vi stavano appese. Marco Fulvio appaltò un numero di opere superiore e anche di maggiore utilità: un molo e i piloni di un ponte sul Tevere (su questi piloni alcuni anni dopo furono gettate le arcate e questa opera fu appaltata dai censori Publio Scipione Africano e Lucio Mummio), una basilica dietro le nuove botteghe dei cambiavalute; un mercato del pesce circondato da botteghe che il censore pose in vendita per usi privati; un foro e un porticato fuori porta Trigemina; altri portici dietro i cantieri navali fino al tempio di Ercole, dietro al tempio della Speranza, dal Tevere fino al tempio di Apollo Medico. I due censori ebbero assegnata anche una cifra da spendere insieme: con quella somma, di comune accordo, appaltarono un acquedotto e il relativo sistema di arcate, anche se a questa costruzione cercò di opporsi Marco Licinio Crasso, che non consentì che il tracciato dell'opera attraversasse le sue campagne.