la fine dei catilinari di Sallustio, versione 544 pag.424 su Cotidie legere
Sed confecto proelio tum vero cerneres, quanta audacia quantaque animi vis fuisset in exercitu Catilinae. Nam fere quem quisque vivus pugnando locum ceperat, eum amissa anima corpore tegebat. Pauci autem, quos medios cohors praetoria disiecerat, paulo divorsius, sed omnes tamen advorsis volneribus conciderant. Catilina vero longe a suis inter hostium cadavera repertus est paululum etiam spirans ferociamque animi, quam habuerat vivus, in voltu retinens. Postremo ex omni copia neque in proelio neque in fuga quisquam civis ingenuus captus est: ita cuncti suae hostiumque vitae iuxta pepercerant. Neque tamen exercitus populi Romani laetam aut incruentam victoriam adeptus erat; nam strenuissumus quisque aut occiderat in proelio aut graviter volneratus discesserat. Multi autem, qui e castris visundi aut spoliandi gratia processerant, volventes hostilia cadavera amicum alii, pars hospitem aut cognatum reperiebant; fuere item, qui inimicos suos cognoscerent. Ita varie per omnem exercitum laetitia, maeror, luctus atque gaudia agitabantur.
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Orgetorige persuade gli Elvezi a lasciare il proprio paese di Cesare, versione 549 pag.426 su cotidie legere
apud Helvetios longe nobilissimus fuit et ditissimus Orgetorix. Is M. Messala, [et P.] M. Pisone consulibus regni cupiditate inductus coniurationem nobilitatis fecit et civitati persuasit ut de finibus suis cum omnibus copiis exirent: perfacile esse, cum virtute omnibus praestarent, totius Galliae imperio potiri. Id hoc facilius iis persuasit, quod undique loci natura Helvetii continentur: una ex parte flumine Rheno latissimo atque altissimo, qui agrum Helvetium a Germanis dividit; altera ex parte monte Iura altissimo, qui est inter Sequanos et Helvetios; tertia lacu Lemanno et flumine Rhodano, qui provinciam nostram ab Helvetiis dividit. His rebus fiebat ut et minus late vagarentur et minus facile finitimis bellum inferre possent; qua ex parte homines bellandi cupidi magno dolore adficiebantur. Pro multitudine autem hominum et pro gloria belli atque fortitudinis angustos se fines habere arbitrabantur, qui in longitudinem milia passuum CCXL, in latitudinem CLXXX patebant.
Tra gli Elvezi il più nobile e il più ricco in assoluto fu Orgetorige. Costui, al tempo del consolato di M. Messala e M. Pisone, mosso dal desiderio di regnare, spinse i nobili a fare lega e convinse il popolo a emigrare in massa: sosteneva che avrebbero potuto impadronirsi dell'intera Gallia con estrema facilità, poiché erano più forti di tutti. Li persuase più facilmente perché, da ogni parte, gli Elvezi sono bloccati dalla conformazione naturale della regione: da un lato sono chiusi dal Reno, fiume assai largo e profondo, che divide le loro terre dai Germani; dall'altro incombe su di essi il Giura, un monte altissimo, al confine tra Elvezi e Sequani; dal terzo lato sono chiusi dal lago Lemano e dal Rodano, che li separa dalla nostra provincia. Ne conseguiva che potevano compiere solo brevi spostamenti e attaccare i popoli limitrofi con maggiore difficoltà. Sotto questo aspetto gli Elvezi, gente con la voglia di combattere, erano profondamente scontenti. Inoltre, mi rapporto al loro numero e alla gloria della loro potenza militare, ritenevano di possedere territori troppo piccoli, che si estendevano per duecentoquaranta miglia in lunghezza e centottanta in larghezza
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La battaglia di Bibracte di Cesare, versione 550 pag.426 su Cotidie Legere
Caesar primum suo, deinde omnium ex conspectu remotis equis, ut aequato omnium periculo spem fugae tolleret, cohortatus suos proelium commisit. Milites loco superiore pilis missis facile hostium phalangem perfregerunt. Ea disiecta gladiis destrictis in eos impetum fecerunt. Gallis magno ad pugnam erat impedimento quod pluribus eorum scutis uno ictu pilorum transfixis et conligatis, cum ferrum se inflexisset, neque evellere neque sinistra impedita satis commode pugnare poterant, multi ut diu iactato bracchio praeoptarent scutum manu emittere et nudo corpore pugnare. Tandem vulneribus defessi et pedem referre et, quod mons suberit circiter mille passuum spatio, eo se recipere coeperunt. Capto monte et succedentibus nostris, Boi et Tulingi, qui hominum milibus circiter XV agmen hostium claudebant et novissimis praesidio erant, ex itinere nostros ab latere aperto adgressi circumvenire, et id conspicati Helvetii, qui in montem sese receperant, rursus instare et proelium redintegrare coeperunt. Romani conversa signa bipertito intulerunt: prima et secunda acies, ut victis ac submotis resisteret, tertia, ut venientes sustineret.
Cesare fatto allontanare dalla vista anzitutto il proprio cavallo, poi quello di tutti gli altri, per togliere, una volta che fosse stato uguagliato il pericolo di tutti, la speranza di fuga, esortati i suoi intraprese la battaglia. I soldati, lanciati i giavellotti da una postazione sopraelevata, facilmente scompaginarono la falange dei nemici. Dopo che essa era stata dispersa in tutte le direzioni, si lanciarono all’attacco con i gladii sguainati. Per i Galli era di notevole impaccio per la battaglia il fatto che, essendo stati molti dei loro scudi trafitti e collegati tra loro da un solo lancio di giavellotti, essendosi ripiegata la punta di ferro, né potevano estrarli, né con il braccio sinistro impedito potevano combattere liberamente, sicché molti, dopo aver scosso a lungo l’avambraccio, preferivano lasciar cadere lo scudo e combattere a corpo nudo. Infine, sfiniti dalle ferite, cominciarono prima a retrocedere, poi, visto che il monte distava circa mille passi, a rifugiarsi lì. Quando il monte era stato da loro preso e i nostri incalzavano, i Boi e i Tulingi, che chiudevano la colonna dei nemici con circa quindici mila uomini, ed erano di difesa per i soldati della retroguardia, dalla marcia passati senz’altro ad attaccare i nostri dal lato indifeso, cominciarono ad accerchiarli, e, avendo scorto questo gli Elvezi, che si erano rifugiati sul monte, iniziarono ad incalzare di nuovo e a riprendere il combattimento. I Romani portarono contro i nemici le insegne dopo averle rivolte all'indietro divisi su due fronti: la prima e la seconda linea, per resistere a quelli che erano già stati sconfitti e respinti, la terza linea per sostenere l'urto di coloro che arrivavano.
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