traila da questo passo originale
Non sfuggirono ad Amasi le grandi fortune di Policrate, anzi cominciò a impensierirsi e, siccome questa prosperità cresceva sempre di più, Amasi inviò a Samo una lettera con il seguente messaggio: "Amasi dice a Policrate: è bello sapere che un ospite e amico gode di florida sorte, ma a me i tuoi grandi successi non piacciono, perché so quanto la divinità sia invidiosa. In un certo senso per me e per le persone che mi stanno a cuore vorrei che non tutto andasse bene, che qualcosa fallisse; vorrei una vita ricca di alti e bassi, piuttosto che successi continui. Non ho mai sentito raccontare di nessuno tra i favoriti in pieno dalla sorte, che non sia finito malamente, stroncato dalle radici. E tu allora dammi retta, procedi così di fronte alla buona sorte: pensa qual è l'oggetto per te più prezioso, la cui perdita ti rattristerebbe maggiormente in cuore, e quando l'avrai trovato, gettalo via, che non possa mai più comparire in mezzo agli uomini. E se dopo non si alternassero per te fortune e disgrazie, ricorri di nuovo al rimedio che ti ho suggerito".
Policrate lesse i consigli di Amasi, ne riconobbe la bontà e cominciò a cercare fra i suoi tesori l'oggetto che più gli sarebbe spiaciuto perdere, finché lo trovò: possedeva un sigillo incastonato su un anello d'oro, uno smeraldo, opera di Teodoro figlio di Telecle di Samo. Appena ebbe deciso di disfarsene, si comportò come segue: equipaggiò una pentecontere, vi salì a bordo e ordinò di spingersi al largo; quando fu lontano dall'isola, si sfilò l'anello di fronte a tutti i suoi marinai e lo gettò in mare, poi si allontanarono; e Policrate tornò a casa davvero pieno di tristezza.
Ma ecco che cosa gli accadde quattro o cinque giorni dopo: un pescatore aveva catturato un pesce molto grosso e molto bello e lo aveva ritenuto un dono degno di Policrate; quindi lo trasportò fino alle porte della reggia di Policrate e chiese di vedere il re; quando gli fu possibile, gli consegnò il pesce dicendo: "Mio re, io l'ho pescato, ma poi non mi è parso giusto portarlo al mercato, anche se sono uno che vive soltanto del proprio lavoro: a me sembrava degno di te e della tua autorità: ecco perché te l'ho portato in regalo". Il re, lieto di tali parole, gli rispose: "Hai fatto benissimo e io ti ringrazio doppiamente, per il dono e per ciò che hai detto; e ti invitiamo a pranzo". Il pescatore entrò allora nella reggia tutto orgoglioso dell'invito; i servi, tagliando il pesce, gli trovarono nel ventre il sigillo di Policrate; come lo videro, subito lo presero e pieni di gioia lo portarono a Policrate; e nel darglielo gli spiegarono come lo avessero ritrovato. Policrate capì che si trattava di un segno divino; descrisse in una lettera cos'aveva fatto e cos'era capitato e la inviò in Egitto.
Amasi lesse il messaggio di Policrate e comprese che nessun uomo può sottrarre un altro uomo al suo destino futuro: Policrate, fortunato in tutto al punto di ritrovare ciò che gettava via, avrebbe avuto certamente una brutta fine. Per mezzo di un araldo, mandato a Samo a tale scopo, gli comunicò di voler sciogliere i loro vincoli di ospitalità. E questo per una ragione: per non dover soffrire in cuor suo per un ospite e amico, quando a Policrate fosse capitata una terribile sciagura.