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Servum qui negat dare aliquando beneficium, ignarus est iuris humani; refert enim cuius animi sit qui praestat, non cuius status. Nulli praeclusa virtus est; omnibus patet, omnes admittit, omnes invitat, et ingenuos et libertinos et servos et reges et exules; non eligit domum nec censum, nudo homine contenta est. Si non dat beneficium servus domino, nec regi quisquam suo nec duci suo miles; quid enim interest quali quis teneatur imperio, si summo tenetur? Atqui dant regibus suis, dant imperatoribus beneficia: ergo et dominis. Potest servus iustus esse, potest fortis, potest magni animi: ergo et beneficium dare potest; nam et hoc virtutis est. Adeo quidem dominis servi beneficia possunt dare, ut ipsos saepe beneficii sui fecerint.
Chi nega che un servo renda volte un beneficio, non sa il diritto naturale; infatti interessa di che (tipo) sentimenti sia quello (la persona) che opera del bene, non di che rango sociale (esso faccia parte).
A nessuno è preclusa la virtù; è aperta a tutti, tutti accoglie, tutti invita, gli uomini liberi, gli ex-schiavi, i servi, i re e gli esuli; non sceglie la casa né la condizione economica, è paga dell’uomo spogliato di ogni suo avere. Se un servo non può essere benefattore del padrone, nemmeno alcuno per il suo re, né un soldato per il suo comandante; che infatti importa da quale potere uno è soggiogato, se soggiogato da un potere assoluto? Eppure fanno del bene ai loro re e ai loro generali: anche quindi (i servi) ai padroni. Un servo può essere giusto, può essere forte, può essere di animo generoso: dunque può essere anche un benefattore; e in verità anche questo è tipico di virtù. A tal punto i servi possono essere benefattori dei loro padroni, che spesso addirittura li hanno salvati con il proprio beneficio.