da giada » 18 ott 2010, 15:51
nunquam tamen debet esse longa miseratio, nec sine causa dictum est, nihil facilius quam lacrimas inarescere nam cum etiam veros dolores mitiget tempus, citius evanescat necesse est illa, quam dicendo effinximus, imago; ira qua si moramur, lacrimis fatigatur auditor et requiescit et ab illo, quem ceperat, impetu ad rationem redit. Non patiamur igitur frigescere hoc opus, et adfectum, cum ad summum perduxerimus, relinquamus nec speremus fore ut aliena quisquam diu ploret. ideoque cum ira aliis tum maxime ira hac parte debet crescere oratio, quia, quidquid non adiicit prioribus, etiam detrahere videtur, et facile deficit adfectus qui descendit
Però non bisogna indugiare a lungo sul patetico. E non senzza ragione è stato affermato che nulla si asciuga più facilmente delle lacrime. Infatti, se il tempo mitiga anche i dolori reali, è inevitabile che più velocemente svanisca l'immagine che parlando ne abbiamo prodotta e se insistiamo l'ascoltatore si stanca di piangere si calma e dallo slancio che aveva preso torna alla ragione. Dungue non dobbiamo lasciar raffreddare l'effetto prodotto e dopo aver portato l'emozione al massimo (livello) abbandoniamola senza illuderci che qualcuno pianga a lungo le altrui sventure. Come nelle altre parti perciò, così soprattutto in questa orazione deve andare in crescendo poichè tutto ciò che non aggiunge a quanto precede sembra addirittura toglierlo e facilmente svanisce un'emozione che va man mano attenuandosi.