Reliqui qui tum principes numerabantur in magistratibus erant cotidieque fere a nobis in contionibus audiebantur. erat enim tribunus plebis tum C. Curio, quamquam is quidem silebat, ut erat semel a contione universa relictus; Q. Metellus Celer non ille quidem orator sed tamen non infans; diserti autem Q. Varius C. Carbo Cn. Pomponius, et hi quidem habitabant in rostris; C. etiam Iulius aedilis curulis cotidie fere accuratas contiones habebat. sed me cupidissumum audiendi primus dolor percussit, Cotta cum est expulsus.
reliquos frequenter audiens acerrumo studio tenebar cotidieque et scribens et legens et commentans oratoriis tantum exercitationibus contentus non eram. iam consequente anno Q. Varius sua lege damnatus excesserat.Ego autem iuris civilis studio multum operae dabam Q. Scaevolae P. f., qui quamquam nemini ad docendum dabat, tamen consulentibus respondendo studiosos audiendi doceba
Gli altri che allora venivano annoverati tra i primi, rivestivano magistrature, e io li potevo ascoltare quasi tutti i giorni nei discorsi che tenevano alle assemblee popolari. Infatti era allora tribuno della plebe Gaio Curione; per quanto lui se ne stava in silenzio, dopo che una volta l'aveva piantato in asso tutta l'assemblea; Quinto Metello Celere non era un oratore, è vero, ma la favella tuttavia non gli mancava; facondi erano invece Quinto Vario, Gaio Carbone, Gneo Pomponio; e questi stavan di casa sui rostri ; e anche Gaio Giulio edile curule, teneva quasi ogni giorno accurati discorsi di fronte all'assemblea del popolo. lo ardevo dal desiderio di ascoltare, ma il primo dolore mi colpì quando Cotta venne cacciato in esilio. Ascoltavo spesso gli altri, e mi applicavo allo studio col più grande fervore: ma per quanto ogni giorno scrivessi, leggessi, e mi allenassi all’eloquenza, tuttavia non mi accontentavo dei soli esercizi oratori. Intanto, nell'anno successivo, Quinto Vario, condannato in base alla sua stessa legge, aveva lasciato la città, lo, avendo un forte interesse per il dirit to civile, seguivo con grande assiduità Quinto Scevola figlio di Publio, il quale, sebbene in nessun caso si prestasse a insegnare, tuttavia, nel rispondere a quanti lo consultavano, insegnava a coloro che mettevano impegno nell'ascoltarlo.