da jessy.7 » 4 nov 2010, 15:22
Repudium inter uxorem et virum a condita urbe usque ad centesimum et quinquagesimum annum nullum intercessit. primus autem Sp. Carvilius uxorem sterilitatis causa dimisit qui, quamquam tolerabili ratione motus videbatur, reprehensione tamen non caruit, quia ne cupiditatem quidem liberorum coniugali fidei praeponi debuisse arbitrabantur. Sed quo matronale decus verecundiae munimento tutius esset, in ius vocanti matronam corpus eius adtingere non permiserunt, ut inviolata manus alienae tactu stola relinqueretur.
Viisni usus olim Roman feminis ignotus fuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur, quia proximus a Libero patre intemperantiae gradus ad inconcessam venerem esse consuevit. ceterum ut non tristis earum et horrida pudicitia, sed et honesto comitatis genere temperata esset, indulgentibus namque maritis et auro abundanti et multa purpura usae sunt quo formam suam concinniorem efficerent, summa cum diligentia capillos cinere rutilarunt: nulli enim tunc subsessorum alienorum matrimoniorum oculi metuebantur, sed pariter et videre sancte et aspici mutuo pudore custodiebatur.
Quotiens vero inter virum et uxorem aliquid iurgi intercesserat, in sacellum deae Viriplacae, quod est in Palatio, veniebant et ibi invicem locuti quae voluerant contentione animorum deposita concordes revertebantur. dea nomen hoc a placandis viris fertur adsecuta, veneranda quidem et nescio an praecipuis et exquisitis sacrificiis colenda utpote cotidianae ac domesticae pacis custos, in pari iugo caritatis ipsa sui appellatione virorum maiestati debitum a feminis reddens honorem.
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Per 150 anni dalla fondazione di Roma non si verificò alcun ripudio fra moglie e marito. Poi il primo a ripudiare la moglie per motivi di sterilità fu Spurio Carvilio Egli, sebbene sembrasse indotto da una ragionevole motivazione, tuttavia non fu esente da critica e censure, dato che (i nostri avi) ritenevano che neppure il desiderio di avere figli avrebbe dovuto essere anteposto alla fedeltà coniugale.Inoltre perchè il decoro delle matrone fosse protetto dal baluardo della pudicizia si proibì a chi citasse una donna in tribunale di sforarne il corpo, in modo che la sua stola rimanesse inviolata da mano altrui.
L'uso del vino, un tempo sconosciuto alle donne romane naturalmente ad evitare che si lasciassero andare a qualche gesto indecoroso perchè il grado successivo dell'intemperanza che si deve al padre Libero si risolve generalmente nell'amore illecito. Del resto perchè anche la loro pudicizia non fosse uggiosa e repellente, ma si accomagnasse ad un modesto fascino femminile - col consenso del oro mariti usavano gioielli d'oro e porpora a profusione - per rendere più grazioso il loro aspetto si tingevano accuratamente i capelli di rosso infatti allora non si temevano gli sguardi dei seduttori delle moglie altrui, ma c'era il reciproco rispetto e pudore tra gli uomini nel guardare le donne e tra le donne nell'esser guardate. tutte le volte poi che ci fosse un litigio tra marito e moglie entrambi si recavano nel tempietto della dea viriplaca sito sul Palatino e deopo aver qui esposto quanto volevano mettevano da parte ogni ostilità e se ne tornavano a casa d'amore e d'accordo. Si dice che questa dea indubbiamente degna di sessere onorata e non so se degna di particolari e scelti sacrifici quale custode della pace quotidiana e domestica abbia preso tale nome da tale sua funzione certo essendo che col suo stesso appellativo essa rende all'autorità dei mariti nello spirito di un reciproco affetto l'onore dovuto alle mogli