versione Platone

Messaggioda nadiabar » 6 nov 2010, 13:52

ciao,mi occorrerebbe la versione:
titolo: "La tenacia di Socrate nel pensare e nel combattere"
autore: Platone
dal libro di testo:ellènion (pg.48 n.20)
inizio:οιον δ'αυ τοδ'ερεξε και ετλη καρτερος ανηρ εκει ποτε επι στρατιας
αξιον ακουσαι. Συννοησας γαρ αυτοθι εωθεν τι ειστηκει σκοπων
fine:αυτος προθυμοτερος εγενου των στρατηγων εμε λαβειν η σαυτον

è una versione un po' lunghetta e neanche facilissima..se la trovassi mi daresti una grossa mano..
grazieate grazieate

nadiabar

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Messaggioda giada » 6 nov 2010, 18:37

Per favore controlla se è questo il passo e da dove comincia e da dove finisce la tua versione

PER FAVORE CONTROLLA TU che non ho tempo e fammi sapere

E c'è dell'altro da dire. "E' straordinario ciò che fece e sopportò il forte eroe", laggiù in guerra: val veramente la pena di sentire la storia che ho da raccontare. Un giorno si mise a meditare sin dal primo mattino, e restava fermo a seguire le sue idee. Non riusciva a venire a capo dei suoi problemi, e così stava lì, in piedi, a riflettere. Era già mezzogiorno e gli altri soldati l'osservavano, stupiti, e la voce che Socrate era in piedi a riflettere sin dal mattino presto cominciò a circolare; finché, venuta la sera, alcuni soldati della Ionia dopo cena portarono fuori i loro letti da campo - era estate - e si sdraiarono al fresco, a guardar Socrate, per vedere se avrebbe passato la notte in piedi. E così fece, sino alle prime luci del mattino. Solo allora se ne andò, dopo aver elevato una preghiera al Sole.

Adesso, se volete, dobbiamo dir qualcosa della sua condotta in combattimento - perché anche su questo punto bisogna rendergli giustizia. Quando ci fu lo scontro per il quale i generali mi assegnarono un premio per il mio coraggio, riuscii a salvarmi proprio per merito suo. Ero ferito, lui si rifiutò di abbandonarmi e riuscì a salvare sia me che le mie armi. Allora io chiesi ai generali di assegnare il premio a te: non potrai certo, Socrate, dire adesso che io mento, e neppure rimproverarmi per quel che dico. Ma i generali, considerando la posizione in cui ero, volevano dare a me il premio, e tu hai personahnente insistito più di loro perché il premio invece andasse a me. Ricordo un'altra occasione, amici, in cui valeva la pena di vedere Socrate: fu quando il nostro esercito a Delio fu messo in rotta. In quell'occasione fu il caso a farmelo incontrare. Io ero a cavallo, e lui era oplita. Stava ripiegando insieme a Lachete, tra le truppe sbandate, quando io capito lì per caso, li vedo e per incoraggiarli dico loro che non li avrei abbandonati. In quell'occasione ho potuto osservare Socrate ancora meglio che a Potidea, perché avevo meno da temere, essendo a cavallo. Aveva più sangue freddo di Lachete - e quanto! - e dava l'impressione (uso le tue parole, Aristofane) di avanzare come se si trovasse in una strada d'Atene "sicuro di sé, gettando occhiate di fianco", osservando con occhio tranquillo amici e nemici e facendo vedere chiaramente, e da lontano, che si sarebbe difeso sino in fondo se qualcuno avesse voluto attaccarlo. E così andava senza mostrare alcuna inquietudine, insieme con il suo compagno: gli opliti che, in simili situazioni, si comportano in questa maniera di solito non vengono affatto attaccati dai nemici, che invece inseguono chi scappa in disordine.

giada

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