Versione UN'APPASSIONATA DIFESA da Cicerone libro IANUA 2

Messaggioda Lu12 » 13 dic 2010, 14:32

Ciao mi servirebbe la versione UN'APPASSIONATA DIFESA DA CICERONE DAL LIBRO IANUA 2 PAG.227 N 59
INIZIO : MILO EST QUODAM INCREDIBILI ROBORE ANIMI;EXSILIUM IBI ESSE PUTANT, UBI VIRTUTI NON SIT LOCUS; EI VIDETUR MORS NATURAE FINIS ESSE,NON POENA.
FINE : ... IS MAXIME PROBABIT QUI IN IUDICIBUS LEGENDIS OPTIMUM ET SAPIENTISSIMUM ET FORTISSIMUM QUEMQUE ELEGIT.
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Lu12

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Messaggioda giada » 13 dic 2010, 15:04

Cicerone - Pro milone 101 - 102 - 103 -104 -105

Milo est quodam incredibili robore animi. Exsilium ibi esse putat, ubi virtuti non sit locus; mortem naturae finem esse, non poenam. Sed hic ea mente qua natus est. Quid vos, iudices? quo tandem animo eritis? Memoriam Milonis retinebitis, ipsum eicietis? et erit dignior locus in terris ullus qui hanc virtutem excipiat, quam hic qui procreavit? Vos, vos appello, fortissimi viri, qui multum pro re publica sanguinem effudistis: vos in viri et in civis invicti appello periculo, centuriones, vosque milites: vobis non modo inspectantibus, sed etiam armatis et huic iudicio praesidentibus, haec tanta virtus ex hac urbe expelletur, exterminabitur, proicietur?

Milone è dotato di straordinaria forza d'animo -; crede che dove non c'è posto per la virtù, ivi sia l'esilio; la morte, per lui, è la fine di un ciclo naturale, non un castigo. Mantenga tale carattere con cui è nato. E allora? Ma come vi comporterete voi, giudici? Serberete il ricordo di Milone, ma lo caccerete di qui? E ci sarà un posto sulla faccia della terra più di questo che gli ha dato i natali, degno di ospitare un tale esempio di virtù? Mi appello a voi, sì, a voi, uomini fortissimi, che avete versato il vostro sangue in difesa dello stato; a voi, dico, centurioni, mi appello e a voi soldati, perché qui c'è un cittadino indomabile che corre un grave pericolo! Sarà scacciato, bandito, gettato fuori da questa città un uomo così valoroso, mentre voi non solo guardate, ma anche presidiate armati questo processo?


O me miserum! O me infelicem! Revocare tu me in patriam, Milo, potuisti per hos: ego te in patria per eosdem retinere non potero? Quid respondebo liberis meis, qui te parentem alterum putant? Quid tibi, Quinte frater, qui nunc abes, consorti mecum temporum illorum? Mene non potuisse Milonis salutem tueri per eosdem, per quos nostram ille servasset? At in qua causa non potuisse? quae est grata gentibus . . . non potuisse? eis qui maxime P. Clodi morte acquierunt: quo deprecante? me.

Ah, me misero, me infelice! Tu, Milone, grazie a costoro hai potuto richiamarmi in patria, mentre a me non sarà possibile farti restare, servendomi del loro aiuto? Che risponderò ai miei figli, che ti considerano un secondo padre? E a te, Quinto, fratello mio, che ora sei lontano, ma hai condiviso con me quelle vicende ? Potrò risponderti che non sono riuscito ad assicurare la salvezza a Milone con l'aiuto di quegli stessi uomini che gli hanno consentito di garantire la mia? In che genere di causa ho fallito? In una causa che aveva il sostegno di tutti. E chi è stato a impedire il nostro successo? Soprattutto chi, con la morte di Publio Clodio, ha ritrovato la serenità. E chi è stato a implorare? Io!


Quodnam ego concepi tantum scelus, aut quod in me tantum facinus admisi, iudices, cum illa indicia communis exiti indagavi, patefeci, protuli, exstinxi? Omnes in me meosque redundant ex fonte illo dolores. Quid me reducem esse voluistis? an ut inspectante me expellerentur ei per quos essem restitutus? Nolite, obsecro vos, acerbiorem mihi pati reditum esse, quam fuerit ille ipse discessus. Nam qui possum putare me restitutum esse, si distrahar ab his, per quos restitutus sum? Utinam di immortales fecissent--pace tua, patria, dixerim; metuo enim ne scelerate dicam in te quod pro Milone dicam pie -utinam P. Clodius non modo viveret, sed etiam praetor, consul, dictator esset, potius quam hoc spectaculum viderem!

Quale delitto così grave ho concepito, giudici, o quale così grande scelleratezza ho compiuto, quando mi misi alla ricerca, smascherai, denunciai, neutralizzai i germi della rovina di tutti? Ecco, è stata quella la fonte da cui derivano tutte le sofferenze per me e i miei cari. Perché avete voluto che tornassi? Perché sotto i miei occhi venissero esiliati gli artefici del mio rientro? Vi prego, non permettete che il mio ritorno si trasformi per me in un peso più difficile da sopportare della mia partenza. Come potrei, infatti, credere di essere stato reso alla patria, se vivessi lontano da chi mi ha fatto tornare? Oh, se gli dèi immortali avessero fatto in modo che (con tua pace, patria, mi sia permesso di dirlo; temo, infatti, di parlare in maniera offensiva nei tuoi confronti, parlando con equità in favore di Milone) Publio Clodio non solo vivesse ancora, ma fosse anche pretore, console, dittatore, piuttosto che assistere a uno spettacolo del genere!

O di immortales! fortem et a vobis, iudices, conservandum virum! 'Minime, minime,' inquit. 'Immo vero poenas ille debitas luerit: nos subeamus, si ita necesse est, non debitas.' Hicine vir, patriae natus, usquam nisi in patria morietur? aut, si forte, pro patria? Huius vos animi monumenta retinebitis, corporis in Italia nullum sepulcrum esse patiemini? Hunc sua quisquam sententia ex hac urbe expellet, quem omnes urbes expulsum a vobis ad se vocabunt?

O dèi immortali, che uomo eccezionale è questo, e quanto degno di essere da voi assolto, giudici! «Assolutamente no» interviene lui; «anzi, è giusto, invece, che Clodio abbia subìto il castigo meritato; noi, se è necessario, subiamo, anche se non ne abbiamo colpa». Vi sembra possibile che un uomo simile, fatto apposta per la patria, debba morire in un qualunque altro luogo che non sia la patria, e, forse, non per la patria? Conserverete il ricordo del suo grande animo e tollererete che non ci sia in Italia un sepolcro per il suo corpo? Ci sarà qualcuno che vorrà scacciare da questa città chi, una volta uscito da qui, sarà conteso da tutte le città?

O terram illam beatam, quae hunc virum exceperit: hanc ingratam, si eiecerit; miseram, si amiserit! Sed finis sit: neque enim prae lacrimis iam loqui possum, et hic se lacrimis defendi vetat. Vos oro obtestorque, iudices, ut in sententiis ferendis, quod sentietis id audeatis. Vestram virtutem, iustitiam, fidem, mihi credite, is maxime probabit, qui in iudicibus legendis optimum et sapientissimum et fortissimum quemque elegit.



Fortunata quella terra che accoglierà un simile eroe! Ingrata e sventurata, invece, questa nostra patria, se deciderà di allontanarlo e perderlo così per sempre. Ma è giunta la fine; il pianto mi impedisce di parlare, e costui vieta che io lo difenda con le lacrime. Io vi supplico e vi scongiuro, giudici: abbiate il coraggio di esprimere la vostra intima convinzione, quando si tratterà di formulare la sentenza. Credete a me: chi, nella scelta dei giudici, ha preferito uomini molto coraggiosi, saggi e forti, soprattutto saprà apprezzare il valore, il senso di giustizia e la fedeltà che vi contraddistinguono

giada

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