Gallos quoque Velut obstupefactos miraculum uictoriae tam repentinae tenuit, et ipsi pauore defixi primum steterunt, uelut ignari quid accidisset; deinde insidias uereri; postremo caesorum spolia legere armorumque cumulos, ut mos eis est, coaceruare; tum demum postquam nihil usquam hostile cernebatur uiam ingressi, haud multo ante solis occasum ad urbem Romam perueniunt. Vbi cum praegressi equites non portas clausas, non stationem pro portis excubare, non armatos esse in muris rettulissent, aliud priori simile miraculum eos sustinuit; noctemque ueriti et ignotae situm urbis, inter Romam atque Anienem consedere, exploratoribus missis circa moenia aliasque portas quaenam hostibus in perdita re consilia essent. Romani cum pars maior ex acie Veios petisset quam Romam, nemo superesse quemquam praeter eos qui Romam refugerant crederet, complorati omnes pariter uiui mortuique totam prope urbem lamentis impleuerunt. priuatos deinde luctus stupefecit publicus pauor, postquam hostes adesse nuntiatum est; mox ululatus cantusque dissonos uagantibus circa moenia turmatim barbaris audiebant.
Il prodigio di una vittoria così repentina sorprese anche i Galli come stupefatti: e gli stessi inchiodati dalla paura, in un primo tempo stettero fermi come ignari di ciò che era accaduto, poi temettero un inganno; da ultimo raccolsero la spoglie degli uccisi e ammucchiarono i cumuli delle armi, com’è loro usanza. Allora finalmente, dopo che non scorsero più da nessuna parte qualcosa di ostile, messisi in marcia, giunsero presso la città di Roma non molto tempo prima del tramonto. Colà, benché i cavalieri mandati in ricognizione avessero riferito che le porte non erano chiuse, che non vi erano posti di guardia presso di esse, e che non c’erano uomini armati sulle mura, un altro prodigio simile al precedente li trattenne; e temendo la notte e la conformazione di una città sconosciuta, piantarono il campo fra Roma e l’Aniene, dopo aver mandato esploratori intorno alle mura a alle altre porte per cercare di sapere quali mai fossero le decisioni dei nemici in una circostanza (tanto) rovinosa. I Romani, dato che la maggior parte dei combattenti si era diretta alla volta della città di Veio anziché verso Roma, nessuno credeva che fosse sopravvissuto qualcuno a eccezione di coloro che si erano rifugiati a Roma, piangendo indiscriminatamente tutti, vivi e morti, riempirono di lamenti disperati quasi tutta la città. Poi lo sgomento pubblico fece dimenticare i lutti privati, quando venne annunciato l’arrivo dei nemici; presto (i cittadini) udirono i canti e le urla stonate, giacché i barbari vagavano a schiere attorno alle mura (di Roma).