CICERONE E LA MORTE DELLA FIGLIA versione latino cicerone

Messaggioda jole123 » 13 apr 2011, 16:19

CICERONE E LA MORTE DELLA FIGLIA
inizio: Quantum praesens,Servi,me audiuvare potueris et consolando et aeque dolendo mortem Tulliolae meae, facile ex litteris tuis intelligo.
fine:Itaque et domo absum et foro, quod nec eum dolorem quem e re publica capio domus iam consolari potest nec domesticum res publica.

grazieate

jole123

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Messaggioda *Yole* » 13 apr 2011, 16:24

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Messaggioda jole123 » 13 apr 2011, 16:38

fatto ora ho i crediti!

jole123

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Messaggioda *Yole* » 13 apr 2011, 16:49

l'ho segnalata all'adm, perchè io non ce l'ho... attendi Giada :wink:

*Yole*

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Messaggioda giada » 13 apr 2011, 17:05

COME NO? :shock: sta qua:



in quella dell'utente ci sono 3 o 4 parole in più di inizio ma la lettera è quella

baci ad entrambi

giada

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Messaggioda giada » 13 apr 2011, 17:09

Quantum tu ipse doleas mortem Tulliolae meae, facile ex litteris tuis intelligo. Me autem non oratio tua solum et societas aegritudinis meae, sed etiam auctoritas consolatur. Turpe enim esse existimo me tam diu maerere casum meum, quem tu, tali sapientia praeditus, levius ferendum esse putas. Sed opprimor interdum, nec facere possum quin filiolam mean acerbissime lugeam. Ea solacia me deficiunt, quae ceteris simili in fortuna non defuerunt. nam et Q. Maximus, qui filium consularem amisit, et L. Paullus, qui septem diebus duos amisit, et M. Cato, qui filium summa virtute praeditum perdidit, iis temporibus vixerunt ut eorum luctum ipsorum dignitas consolaretur. Ego vero queri debeo eodem tempore detrimentum eorum ornamentorum, quae maximis laboribus adeptus eram, atque orbitatem filiae

Quanto tu stesso ti duoli per la morte della mia Tullia facilmente lo comprendo dalla tua lettera. Mi consola tuttavia la tua orazione, l'unione della mia tristezza ma anche la tua autorità. Ritengo infatti turpe che io soffra a lungo il mio motivo quanto te. Consapevole di questa cosa, pensa di dover tollerare un pochino. Ma ogni tanto soffro, nè posso fare qualcosa per la mia figliola morta assai prematuramente. Ni mancano quei sollievi che ad altri non mancarono in una condizione simile. E infatti, sia Q. Fabio Massimo il Temporeggiatore, che perse un figlio di rango consolare, al culmine di una gloriosa carriera; sia L. Emilio Paolo il vincitore di Pidua, che nel giro di sette giorni ne perse due; sia il vostro avo Sulpicio Gallo, sia Marco Catone il Censore, a cui scomparve un figlio dalle virtù eccelse e di grande rigore morale, vissero in tempi tali che la loro disgrazia poté trovare ideale compenso nella posizione onorevole che occupavano in seno allo stato. Ma io devo chiedere danno al tempo dei loro ornamenti, che con grandi fatiche ero stato adepto per la perdita della figlia


c'è il seguito
Mihi autem amissis ornamentis iis, quae ipse commemoras quaeque eram maximis laboribus adeptus, unum manebat illud solatium, quod ereptum est: non amicorum negotiis, non rei publicae procuratione impediebantur cogitationes meae, nihil in foro agere libebat, aspicere curiam non poteram, existimabam, id quod erat, omnes me et industriae meae fructus et fortunae perdidisse: sed, cum cogitarem haec mihi tecum et cum quibusdam esse communia, et cum frangerem iam ipse me et cogerem illa ferre toleranter, habebam, quo confugerem, ubi conquiescerem, cuius in sermone et suavitate omnes curas doloresque deponerem: nunc autem hoc tam gravi vulnere etiam illa, quae consanuisse videbantur, recrudescunt; non enim, ut tum me a re publica maestum domus excipiebat, quae levaret, sic nunc domo maerens ad rem publicam confugere possum, ut in eius bonis acquiescam. Itaque et domo absum et foro, quod nec eum dolorem, quem ad re publica capio, domus iam consolari potest nec domesticum res publica.

me invece, privato di quelle distinzioni che tu stesso rievochi e che mi ero conquistato a prezzo di molto sudore, conforto unico ai mali restava quello che mi è stato strappato. Non c'erano le relazioni con gli amici,
non c'era l'impegno della vita politica a impedire che ripiombassi nei pensieri più cupi; non c'era il gusto della mia attività professionale; la vista della sede del senato mi era intollerabile: ero convinto di aver perduto tutti i frutti del mio lavoro e dei miei successi. Ma quando riflettevo che dividevo la mia desolazione con te e con qualche altro,
quando cercavo di strapparmi alla mia apatia e mi costringevo a farmi una ragione di tutto ciò, avevo dove rifugiarmi e dove trovare pace, avevo una persona che mi permetteva di deporre nella sua affettuosa conversazione tutte le mie tristezze e le mie malinconie. E ora, a causa di questa ferita così crudele, anche le piaghe che parevano cicatrizzate riprendono a sanguinare . Non come allora , quando le accoglienti pareti della mia casa erano rimedio sicuro alle delusioni politiche, posso ora viceversa lasciare tra esse il mio dolore e cercare rifugio e distensione nella vista della felicità pubblica. Così mi sento estraneo tanto alla mia casa quanto al foro, giacché né la mia casa è in grado oramai di acquietare il dolore che mi provocano le condizioni della patria, né queste possono consolare il dolore privato.

giada

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Messaggioda jole123 » 13 apr 2011, 17:10

grazie mille! grazieate

jole123

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Messaggioda *Yole* » 13 apr 2011, 17:28

dopo una certa ora i miei occhi mi abbandonano :mrgreen:

*Yole*

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