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Aspexeritne matrem exanimem Nero et formam corporis eius laudaverit, sunt qui tradiderint, sunt qui abnuant. cremata est nocte eadem convivali lecto et exequiis vilibus; neque, dum Nero rerum potiebatur, congesta est aut clausa humus. mox domesticorum cura levem tumulum accepit, viam Miseni propter et villam Caesaris dictatoris, quae subiectos sinus editissima prospectat. accenso rogo libertus eius cognomento Mnester [se] ipse ferro transegit, incertum caritate in patronam an metu exitii. hunc sui finem multos ante annos crediderat Agrippina contempseratque. nam consulenti super Nerone responderunt Chaldaei fore ut imperaret matremque occideret; atque illa "occidat" inquit, "dum imperet."
Che Nerone abbia guardato la madre morta e ne abbia lodato la bellezza, c'è chi lo afferma e chi lo esclude. Venne cremata la notte stessa su un letto da convito e con esequie modestissime e, finché Nerone fu al potere, non ebbe tumulo né pietra sepolcrale. Solo più tardi, a cura dei suoi domestici, poté avere un piccolo tumulo sulla via di Miseno, vicino alla villa di Cesare dittatore, che domina dall'alto i golfi sottostanti. Acceso il rogo, un suo liberto di nome Mnestere si trafisse col pugnale, non sappiamo se per amore verso la patrona o nel timore d'essere ucciso. Agrippina, molti anni avanti, aveva previsto questa sua fine, ma non se n'era data pena. Infatti a un suo consulto su Nerone, i Caldei risposero che avrebbe regnato e ucciso la madre. E lei: «Mi uccida, purché abbia il potere.»