da delete » 31 ago 2020, 9:58
[1] Giudici, se in me c’è qualcosa di talento (talentuoso), poiché percepisco quanto ce ne sia poco, o se in qualche pratica oratoria, nella quale io non nego di essere moderatamente esperto, o se una certa conoscenza di questa cosa ha origine dagli studi delle migliori arti e dalla disciplina, dalla quale io riconosco di essere stato alieno per nessun momento della mia vita, e in primo luogo lo stesso Aulo Licinio deve reclamare da me il frutto di tutte queste cose quasi per suo diritto. Infatti, la mia mente quanto più lontano può guardare il tempo passato (dal dizionario), e ricordare il più lontano ricordo della giovinezza, quindi risalendo fino a ciò vedo che per me fu guida sia affinché mi interessassi sia affinché intraprendessi la via di questi studi. Poiché se questa voce, plasmata dal consiglio e dai precetti di questo, fu talvolta per qualcuno mezzo di salvezza, dobbiamo senza dubbio portare, per quanto è in noi, sia aiuto che salvezza a questo stesso, da cui abbiamo appreso quello con cui possiamo soccorrere tutti gli altri e aiutare gli altri.
[2] E affinché qualcuno non si meravigli che questo sia detto da noi per caso, poiché in questo c’è una tale diversa facoltà di ingegno, e non questa dottrina o disciplina del parlare, né noi certamente a questo unico studio mai a fondo fummo dediti. E infatti tutte le arti, le quali riguardano la cultura, hanno un certo vincolo comune, e come se fosse conservato (il vincolo) tra di loro in una specie di rapporto.
[3] Ma affinché a qualcuno di voi non sembri essere strano che io nella questione legale e nel processo pubblico – quando la questione è condotta presso un pretore del popolo Romano, uomo distintissimo, e presso giudici severissimi, in una tanto grande assemblea e folla – usi questo modo di parlare, che non solo dalla consuetudine dei giudici, in verità anche dal linguaggio del pubblico si allontana; vi prego che in questa causa voi mi concediate questo permesso, appropriato a questo imputato, non fastidioso a voi (come spero), che io parlando a favore di un sommo poeta e di un eruditissimo uomo, per questa assemblea di uomini coltissimi, per questa vostra cultura, e infine per questo pretore che gestisce il processo, sopportiate che io parli un po’ più liberamente delle arti liberali e della letteratura, e per una persona di questo genere, che a causa del tempo libero e dello studio non fu mai condotta in processi e pericoli, mi usi di un genere di eloquenza per così dire quasi nuovo ed insolito.
[4] Poiché se sentirò cha da voi mi è accordato e concesso, farò certamente in modo che questo Aulo Licinio non solo non debba essere allontanato, essendo un cittadino, dal numero dei cittadini, in verità anche se non lo fosse, considerate che dovrebbe essere ammesso. Infatti, appena Archia si allontanò dai fanciulli, e da quelle arti le quali la vita giovanile è solita essere plasmata verso la cultura, si rivolse verso l’esercizio dello scrivere, prima ad Antiochia – infatti è nato lì da nobile famiglia (dizionario) – un tempo città popolata e ricca, e abbondante di uomini coltissimi e delle occupazioni più liberali, velocemente prese a superare tutti nella gloria dell’ingegno. Poi nelle altre parti dell’Asia e in tutta la Grecia così le sue venute erano celebrate, che l’attesa superava la fama dell’ingegno dell’uomo, mentre la venuta e l’ammirazione di questo superavano l’attesa.
[5] Roma era allora piena di arti e discipline Greche, queste pratiche sia nel Lazio erano praticate dunque più intensamente che ora nelle stesse città, sia queste a Roma a causa della tranquillità dello stato non erano trascurate. Perciò sia i Tarantini sia i Reggini sia i Napoletani donarono a questo la cittadinanza e altri doni; e tutti, i quali potevano giudicare qualche cosa riguardo le capacità, lo stimarono degno di conoscenza e ospitalità. Per questa tanto grande diffusione della fama, essendo già noto da chi era lontano, giunse a Roma sotto il consolato di Mario e Catulo. Incontrò questi consoli, dei quali uno poteva aggiungere cose grandissime per lo scrivere, l’altro non solo imprese ma anche passione e orecchio fino (dizionario). Essendo allora Archia anche rivestito della toga pretesta, subito i Luculli lo accolsero a casa loro. Così anche ciò, che la casa, che per prima favorì l’adolescenza di questo, fosse anche la più vicina alla sua vecchiaia, era dovuto non solo all’ingegno e alla cultura, ma anche all’indole e alla virtù.
[6] In quei tempi era gradito al Metello Numidico e a suo figlio Pio: era ascoltato da Marco Emilio; viveva con Quinto Catulo e il padre e il figlio, da Lucio Crasso era onorato, in verità tenendo i Luculli e Druso e gli Ottavi e Catone e tutta la legata famiglia degli Ortensi per la consuetudine, era ornato di grande onore, poiché non solo lo onoravano quelli che erano interessati a apprendere e sentire qualche cosa, ma anche se quelli che per caso lo simulavano. Nel mentre per un tempo abbastanza lungo, essendo partito con Marco Lucullo in Sicilia, ed essendo andato via da questa provincia con lo stesso Lucullo, giunse ad Eraclea: la quale godendo pienissima parità di diritti (dal dizionario) ed essendo alleata, volle iscriversi in questa città, e questa cosa, essendo questo reputato degno per sé, dunque ottenne dagli abitanti di Eraclea per l’autorità e il potere di Lucullo.
[7] La cittadinanza è data secondo la legge di Silvano e Carbone: “Se qualcuno fu stato registrato nelle città alleate; se dunque, come la legge era presentata, in Italia avevano avuto domicilio; e se si fece registrare presso un pretore entro sessanta giorni”. Questo avendo avuto un domicilio a Roma già per molti anni, si registrò presso il pretore Quinto Metello, suo grande amico.
[8] Se parliamo di nessuna altra cosa eccetto che riguardo la cittadinanza e la legge, dico nulla in più: la causa fu detta. Che cosa infatti può essere confutato di queste cose, Grattio? Negherai quindi che fu registrato ad Eraclea? È presente un uomo di grande autorità e lealtà e onestà, Marco Lucullo, che dice di non supporre, ma di sapere, non di aver sentito, ma di aver visto, non di aver partecipato, ma di aver condotto. Sono presenti ambasciatori di Eraclea, uomini nobilissimi: a causa di questo processo sono venuti con degli incarichi e con una pubblica testimonianza; e questi dicono che questo è stato registrato come abitante di Eraclea. Tu desideri per queste cose i registri pubblici degli abitanti di Eraclea: i quali tutti sappiamo che andarono perduti dopo che l’archivio è stato bruciato nella guerra italica. È ridicolo dire nulla davanti queste cose che abbiamo, chiedere di avere ciò che non che possiamo (avere); e di tacere riguardo il ricordo degli uomini, di chiedere il ricordo degli scritti; e avendo la lealtà di un grandissimo uomo, rifiutare il giuramento e l’onestà di un municipio incorrotto/integro, queste cose che in nessun modo possono essere alterate, ma richiedere i registri che tu stesso dici che sono soliti essere corrotti.
[9] Forse che questo non ebbe un domicilio a Roma, che tanti anni prima che fosse data la cittadinanza collocò la sede di tutte le sue cose e di tutte le sue fortune a Roma? Ma non è registrato. Anzi in verità in questi registri è registrato, che soli dimostrano l’autorità dei registri pubblici tra quelle nell’ufficio e associazione dei pretori. Infatti – essendo i registri di Appio stati detti conservati in modo molto negligente; la leggerezza di Gabino, che fu a lungo incolume, dopo la condanna, la disgrazia annullò tutta l’autorità dei registri – Metello, l’uomo più pio e modesto fra tutti, fu di tanta grande diligenza, che venne dal pretore Lucio Lentulo e dai giudici, e disse di essere agitato per la cancellatura di un solo nome. Infatti, in questo registro vedete nessuna cancellatura nel nome di Aulo Licinio.
[10] E queste cose dal momento che sono così, che motivo c’è di dubitare della sua cittadinanza, tanto più che anche con altri fu registrato nella cittadinanza? E infatti gli uomini in Grecia concedevano la cittadinanza gratuitamente a molti mediocri e o per nulla o perché dotati di qualche umile arte, credo che i Reggini o i Locresi o i Napoletani o i Tarantini, ciò che erano soliti concedere agli attori, questa cosa non vollero (concedere) a questo, dotato di una grande gloria dell’ingegno! Cosa? Mentre tutti gli altri non solo dopo che fu data la cittadinanza, ma anche dopo la legge Papia in qualche modo si introdussero nei registri dei loro municipi, questo, che neanche appunto si serve di quelle cose nelle quali è scritto, poiché sempre volle essere un cittadino di Eraclea, è respinto?
[11] Richiedi le nostre registrazioni naturalmente. È infatti oscuro ai precedenti censori che questo fu nell’esercito con l’illustrissimo generale Lucio Lucullo; con i superiori, con lo stesso da questore fu in Asia; prima di Giulio e Crasso nessuna parte del popolo fu censita. Ma – dal momento che il censimento non conferma il diritto di cittadinanza, e indica solamente che questo che è censito già allora si è comportato come a cittadino conviene – in quei tempi chi tu accusi di non essersi trovato, neppure a giudizio suo, nel diritto dei cittadini romani, fece spesso sia testamento secondo le nostre leggi sia entrò in possesso di eredità di cittadini romani, e fu segnalato dal proconsole Lucio Lucullo presso l’erario tra i benemeriti.
[12] Cerca delle prove, se puoi (trovarne qualcuna): infatti non sarà mai smentito, a giudizio suo e dei suoi amici [dal dizionario]. Ci chiederai, Grazio, perché troviamo diletto in questo uomo con tanto grande autorità. Perché ci offre un luogo dove l’animo è protetto da questo frastuono del foro e le orecchie, stanche per il chiasso, si riposano. Ma tu stimi o che possa essere sufficiente per noi ciò che ogni giorno diciamo nella tanto grande varietà delle cose, se noi non coltiviamo i nostri animi con lo studio; o che gli animi possano sopportare un tanto grande sforzo, se non confortiamo questi con lo stesso studio? Io in verità confesso di essere dedito a questo studi: si vergognino gli altri, se ve ne sono che si sprofondarono negli studi [dal dizionario] così che nulla possono da questi né esporre l’utilità per il pubblico, né portare alla vista e alla luce: invece di cosa io mi vergoni, che così vivo da tanti anni, giudici, che il mio riposo non mi distolse mai dall’interesse pubblico o privato di nessuno o il piacere mi allontanò o infine il sonno me lo impedì?
[13] Chi infine potrebbe riprendermi per qualche cosa, o chi potrebbe adirarsi giustamente con me, se tanto io per me avrò speso per tornare a coltivare questi studi, quanto dagli altri ad andare verso le proprie cose, quanto a celebrare i giorni festivi con i giochi [dal dizionario], quanto agli altri desideri e allo stesso riposo dell’anima e del corpo, quanto gli altri danno ai banchetti prolungati, quanto infine al tavolo da gioco, e al gioco della palla? E perciò questo mi deve essere concesso maggiormente, poiché da questi studi anche questo linguaggio e questa eloquenza crescono; che, per quanto piccoli siano in me, mai vennero meno ai processi degli amici. E queste cose se a qualcuno sembrano di minor valore, quelle appunto certamente, che sono grandi, sento da che fonte attingo.
[14] Infatti se dall’adolescenza non mi fossi convinto con gli insegnamenti dei molti e con i molti scritti che nulla nella vita è molto desiderale se non la lode e l’onestà, nel perseguire questa invece ogni tormento del corpo, tutti i pericoli della morte e dell’esilio devono essere considerati di poco conto, mai mi sarei esposto a favore della vostra salvezza in tante e così grandi battaglie e in questi attacchi quotidiani degli uomini corrotti. Ma sono tutti pieni i libri, piene le voci dei sapienti, piena la vecchia età degli esempi: e queste cose giacerebbero tutte nelle tenebre, se non si fosse avvicinata la luce degli studi letterari. Quanti ritratti perfetti di uomini fortissimi, non solo per ammirarli, ma anche per imitarli, ci hanno lasciato gli scrittori greci e latini? Ed io, ponendoli sempre davanti a me nell’amministrare lo stato, perfezionavo l’animo e la mente mia al solo pensiero di quegli uomini eccellenti.
[15] Qualcuno chiederà: “Cosa? Quelli stessi grandi uomini, le virtù dei quali negli scritti sono tramandate, forse che in questa dottrina, che tu esalti con lodi, furono eruditi?” Ciò è difficile da confermare riguardo tutti, ma tuttavia è certo che risponderò. Io confesso che ci furono molti uomini eccellenti nell’animo e nella virtù, e senza la dottrina per una naturale facoltà quasi divina della (loro) stessa natura [dal dizionario] per mezzo di sé stessi sia moderati sia di gran valore esisterono: aggiungo anche quello, più spesso verso la lode e la virtù la natura senza dottrina prevale che la dottrina senza natura. E io stesso sostengo che, avvicinata un’educazione metodicamente regolata [dal dizionario] ad una natura eccellente e illustre, allora quel non so cosa di stupendo e singolare è solito comparire.
[16] Da questo numero c’è questo, che i nostri antenati videro, l’Africano, uomo meraviglioso; da ciò Gaio Lelio, Lucio Furio, uomini moderatissimi e sobrissimi; da ciò un uomo fortissimo e dottissimo in quei tempi; l’illustre Marco Catone il Vecchio: che senza dubbio se per nulla fossero stati aiutati dalle lettere a raggiungere e conoscere la virtù, mai si sarebbero avvicinati allo studio di queste cose. Che se non si offrisse questo così grande vantaggio e se da questi studi si cercasse il solo diletto, tuttavia voi giudichereste, come penso, questa distrazione dell’animo molto umana e degna di un uomo libero. Tutte le altre infatti non sono proprie né di tutti i tempi, né di ogni età e luogo. Questi studi nutrono l’adolescenza, rallegrano la vecchiaia, abbelliscono le circostanze favorevoli, offrono rifugio e conforto in quelle sfavorevoli, dilettano in casa, non sono di ostacolo fuori, passano la notte con noi, viaggiano, vengono in campagna.