IL SUPPLIZIO DI TANTALO
Versione nº 267 di pagina 274 – "So tradurre!"
Tantalus, Phrygiae rex, omnium mortalium felicissimus existimandus erat, sed stultum ob suam loquacitatem se praestitit ("dimostrarsi"). Tantum ei fortuna secunda ("favorevole") fuit ut Iuppiter eum saepe ad deorum convivia invitaverit et ei sua consilia ("decisione") ostenderit ("svelare"). Ei tamen haec condicio servanda ("osservare") erat: ne vitam nec mores ("abitudine") nec decreta numinum cuiquam detegeret ("rivelare"). Tantalo ergo tacendum erat et lingua compescenda ("tener a freno"). Cum vero naturā loquacior esset nec tacēre sciret ("sapere"), desiderium loquendi ("di parlare") coërcĕre ("frenare") non potuit et deorum mores, qui occultandi erant, vulgavit. Sic, quia arcana ("segreto") deorum vulgaverat, ira caelestium in se concitavit ("attirarsi"). Frustra ("invano"), orans, Iovis veniam ("perdono") petivit, qui eum in Tartarum detrudit ("rinchiudere"), ubi siti et fame poenam luit ("scontare"), quia vulgaverat ea quae tacenda erant.
TRADUZIONE – Tantalo, re della Frigia, era da considerarsi il più fortunato di tutti i mortali, ma si dimostrò sciocco a causa della sua loquacità. La sorte gli fu così tanto favorevole che Giove lo invitò spesso ai banchetti degli dèi e gli svelò le sue decisioni. Egli, tuttavia, doveva osservare questa condizione: che [non] rivelasse ad alcuno nè la vita nè le abitudini nè le decisioni degli dèi. Perciò Tantalo doveva tacere e tenere a freno la lingua. Però, poichè era per natura un po' troppo loquace e non sapeva tacere, non potè frenare il desiderio di parlare e divulgò le abitudini degli dèi, che dovevano essere tenute nascoste. Così, poichè aveva divulgato i segreti degli dèi, si attirò contro l'ira dei celesti. Pregando invano, chiese perdono a Giove, che lo rinchiuse nel Tartaro, dove scontò con la sete e con la fame la pena, poichè aveva rivelato quelle cose che bisognava tacere.