da Leon_96 » 12 nov 2012, 16:20
Il padre di Gertrude, nel romanzo del Manzoni è un personaggio secondario ma di fondamentale importanza per la comprensione della mentalità del ceto sociale nobile del tempo.
Gertrude o la Signora o meglio ancora come la conoscono tutti la monaca di Monza è la protagonista di più di un capitolo de I Promessi Sposi, tramite i quali vengono evidenziate le caratteristiche principali della sua persona ma anche della sua famiglia.
A dirigere la sua vita fin da bambina verso un destino nel monastero è il padre, chiamato appunto “il principe padre”. Infatti il principe, come era solito al tempo, aveva deciso che il suo intero patrimonio sarebbe andato al figlio primogenito, secondo la regola del maggiorascato, mentre agli altri sarebbe stato legato un destino di clausura in convento. Gertrude nasce con un nome secondo il padre da chiostro, cresce con giocattoli raffiguranti monache e anche se non le viene mai detto direttamente di diventare monaca le viene fatto intendere senza troppi indugi.
Inoltre riceve la sua educazione dall'età di sei anni fino ai quattordici nel monastero di Monza, dove avrebbe poi trascorso anche la sua vita adulta. Il principe padre è un “nobile convinto”, ovvero è molto legato al valore del nome della famiglia. E' convinto che <<... il sangue si porta per tutto dove si va>>, intendendo che una sua figlia nel monastero avrebbe goduto di privilegi superiori e sarebbe sicuramente diventata col tempo la madre badessa, ma questo includeva anche il comportarsi da nobile. Si nota quindi il contrasto tra una possibile educazione cristiana come avrebbe dovuto essere quella assegnata a Gertrude e la vera educazione che invece fornisce il padre.
Egli è molto orgoglioso ed è una perfetta espressione del nobile seicentesco. Pur essendo egli il padre di Gertrude, possessore dello stesso sangue e dello stesso nome, non prelude un obbligo di amore tra i due, o almeno ne esclude il dovere a dimostrare tale sentimento. Infatti il principe padre non è un padre come lo si può intendere oggi, cioè genitore amorevole, base del nucleo familiare, bensì un padre-padrone, non affettuoso, ma indisponente, mai arrendevole, bensì pretenzioso e arrogante.
L'autore non rimprovera questo comportamento, ma di certo non lo può approvare essendo pienamente contrario a quelli che oggi sono i diritti prima del bambino e poi della persona e che una volta erano solo parte di una morale comune che disapprovava una padronanza così completa da parte del padre. L'autore non rimprovera, non approva, ma compatisce la figlia, Gertrude, vittima prima ancor della nascita di un tale supplizio dettato dalla mentalità nobiliare.