da wecan » 7 apr 2015, 18:31
Raga potresti darmi una mano con l 'analisi del testo narrativo(fabula intreccio, narratore....) grazie mille SCHEDA LIBRO
La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava sopra
Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, Situata
nel mare della Malesia, a poche centinaia di miglia dalle coste occidentali del
Borneo.
Pel cielo, spinte da un vento irresistibile, correvano come cavalli sbrigliati, e
mescolandosi confusamente, nere masse di vapori, le quali di quando in quando
lasciavano cadere sulle cupe foreste dell'isola furiosi acquazzoni; sul mare,
pure sollevato dal vento, s'urtavano disordinatamente c 'infrangevano furiosamente
enormi ondate, confondendo i loro muggiti cogli scoppi ora brevi e
secchi ed ora interminabili delle folgori
Né dalle capanne allineate in fondo alla baia dell'isola, né sulle fortificazioni
che le difendevano, né sui numerosi navigli ancorati al di là delle scogliere, né
sotto i boschi, né sulla tumultuosa superficie del mare, si scorgeva alcun lume;
chi però, venendo da oriente, avesse guardato in alto, avrebbe scorto sulla cima
di un'altissima rupe tagliata a picco sul mare brillare due punti luminosi, due
finestre vivamente illuminate.
Chi mai vegliava in quell'ora e con simile bufera nell'isola dei sanguinari pirati?
In un labirinto di trincee sfondate, di terrapieni cadenti, di stecconati divelti,
di gabbioni sventrati presso i quali scorgevansi ancora armi infrante; e ossa umane, una vasta e solida capanna s'innalzava, adorna sulla cima di una grande bandiera rossa con nel mezzo una testa di tigre.
Una stanza di quell'abitazione è illuminata, le pareti sono coperte di pesanti
tessuti rossi, di velluti e di broccati di gran pregio, ma qua e là sgualciti, strappati e macchiati, e il pavimento scompare sotto un alto strato di tappeti di Persia, sfolgoranti d'oro, ma anche questi lacerati e imbrattati.
Nel mezzo sta un tavolo d'ebano, intarsiato di madreperla e adorno di fregi
d'argento, carico di bottiglie e di bicchieri del più puro cristallo; negli angoli si
rizzano grandi scaffali in parte rovinati, zeppi di vasi riboccanti di braccialetti
d'oro, di orecchini, di anelli, di medaglioni, di preziosi arredi sacri, contorti o schiacciati, di perle provenienti senza dubbio dalle famose peschiere di CeyIan, di smeraldi, di rubini e di diamanti che scintillano come tanti soli, sotto i
riflessi di una lampada dorata sospesa al soffitto.
In un canto sta un divano turco colle frange qua e là strappate: in un altro un
armonium di ebano colla tastiera sfregiata, e all'ingiro, in una confusione indescrivibile, stanno sparsi tappeti arrotolati, splendide vesti, quadri dovuti
forse a celebri pennefii, lampade rovesciate, bottiglie ritte o capovolte, bicchieri
interi o infranti e Càyabine indiane rabescate, tromboni di Spagna, scia-
bole, scimitarre, pugnali, pistole.
In quella stanza cosi alla mente arredata un uomo sta seduto su una poltrona
zoppicante: è di statura alta, slanciata, dalla muscolatura potente, dai lineamenti energici,maschi, fieri e d'una bellezza strana.
Lunghi capelli gli cadono sugli omeri: una barba nerissima gli incornicia il
volto leggermente abbronzato.
Ha la fronte ampia, ombreggiata da due stupende sopracciglia dall'ardita arcata, una bocca piccola che mostra dei denti acuminati come quelli delle fiere
e scintillanti come perle; due occhi nerissimi, d'un fulgore che affascina, che
brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo.
Era seduto da alcuni minuti, collo sguardo fisso sulla lampada, colle mani chiu-
se nervosamente attorno alla ricca scimitarra, che gli pendeva da una larga fascia di seta rossa , stretta attorno ad una casacca di velluto azzuro a fregi d'oro.
Uno scroscio formidabile, che scosse la gran capanna fino alle fondamenta
strappò bruscamente da quella immobilità. Si gettò indietro i lunghi e inanellati capelli, si assicuró sul capo il turbante adorno di uno splendido diamante
grosso quanto una noce, e si alzò di scatto,gettanto all'intorno uno sguardo
nel quale leggevasi un non so che di tetro e di minaccioso.
-È mezzanotte, mormoró egli. - Mezzanotte e non è ancora tornato!
Vuotò lentarnente un bicchiere pieno di un liquido color dell'ambra, poi aprì la
porta, s'lnoltró con passo fermo fra le trincee che difendevano la capanna e si
fermò sull'orlo della gran rupe, alla cui base ruggiva furiosamente il mare. stette là alcuni minuti colle braccia incrociate, fermo come la rupe che lo reggeva,
aspirando con voluttà i tremendi soffi della tempesta e spingendo lo sguardo
sullo sconvolto mare, poi si ritirò lentanwnte, rientrò nella capanna e si arrestò dinanzi all'armonium
- Quale contrasto! - esclamò. - Al di fuori l'uragano e qua io! Quale il più
tremendo?
Fece scorrere le dita sulla tastiera, traendo dei suoni rapidissimi e che avevano
qualche cosa di strano, di selvaggio e che poi rallentò, finché si spensero fra gli scrosci delle folgori ed i fischi del vento.
Ad un tratto volse vivamente il capo verso la porta lasciata semiaperta. Stette un momento in ascolto, curvo innanzi, cogli orecchi tesi, poi uscì rapidamente, spingendosi fino sull'orlo della rupe.
Al rapido chiarore di un lampo vide un piccolo legno, colle vele quasi ammainate, entrare nella baia e confondersi in mezzo ai navigli ancorati
Il nostro uomo accostò alle labbra un fischietto d'oro e mandó tre note stridenti; un fischio acuto vi rispose un momento dopo.
- È lui! mormoró con viva emozione.
Era tempo!
Cinque minuti dopo un essere umano, avvolto in un ampio mantello grondante d'acqua, si presentava dinanzi alla capanna.
- Yanez! - esclamò I'uomo dal turbante, gettandogli le braccia al collo.
- Sandokan! -- esclamò il nuovo venuto, con un accento straniero marcatissimo.
- Brrr! Che notte d'inferno, fratellino mio.
-- Vieni!
Attraversarono rapidamente le trincee ed entrarono nella stanza illuminata,
chiudendo la porta.
Sandokan riempì due bicchieri e porgendone uno allo straniero il quale si era sbarazzato del mantello e della carabina che portava ad armacollo, gli disse,
- Bevi, mio buon Yanez.
- Alla tua salute, Sandokan.
Alla tua.
Vuotarono i bicchieri e si assisero dinanzi al
tavolo.
Il nuovo arrivato era un uomo sui trentatré o
trentaquattro anni, cioè un po' più anziano del compagno. Era di media statura, robustissimo, dalla pelle bianchissima, i lineamenti regolari, gli occhi grigi, astuti, le labbra beffarde e sottili, indizio di una ferrea volontà.
A prima vista si capiva che era un europeo, non solo, ma che doveva appartenere a qualche razza meridionale
- Ebbene, Yanez, — chiese Sandokan, con una
certa emozione, hai veduta la fanciulla dai
capelli d'oro?
- No, ma so quanto volevi sapere.
- Non sei andato a Labuan?
- Sì, ma capirai che su quelle coste, guardate
dagli incrociatori inglesi, riesce difficile lo sbarco a gente della nostra specie.
- Parlami di questa fanciulla. Chi è?
- Ti dirò che è una creatura meravigliosamente bella, tanto bella da essere capace di
stregare il più formidabile pirata.
- Ah! — esclamò Sandokan.
Mi dissero che ha i capelli biondi come l'oro, gli occhi più azzurri del mare,
le carni bianche come l'alabastro. So che Alamba, uno dei nostri più feroci
pirati, la vide una sera passeggiare sotto
i boschi dell'isola e che fu tanto colpito
da quella bellezza da fermare la sua nave
per meglio contemplarla, a rischio di
farsi massacrare daglo incrociatori inglesi
-Ma a chi appartiene?
- Da alcuni si dice che sia figlia di un colono, da altri di un lord, da altri ancora
che sia nientemeno che parente del
governatore di Labuan.
-Strana creatura mormoro- Sandokan
comprimendosi colle mani la fronte.
E così?... - chiese Yanez.
Il pirata non rispose. Si era bruscamente alzato in preda ad una viva emozione e si era portato dinanzi all 'armonium, facendo scorrere le dita sui tasti.
Yanez si limitò a sorridere e, staccata da un chiodo una vecchia mandola, si
mise a pizzicarne le corde, dicendo:
-Sta bene! Facciamo un po' di musica
Aveva però appena cominciato a suonare un'arietta portoghese, allorquando vide Sandokan avvicinarsi bruscatnente al tavolo, puntandovi sopra le mani con tale violenza da farlo piegare.
Non era più lo stesso uomo di prima: la sua fronte era burrascosamente aggrottata, i suoi occhi mandavano cupi lampi, le sue labbra, ritiratesi, mostravano i denti convulsamente stretti, le sue membra fremevano. In quel momento egli era il formidabile capo dei feroci pirati di Mompracem, era l'uomo che da dieci anni insanguinava le coste della Malesia, l'uomo che per ogni dove aveva dato
terribili battaglie, l'uomo la cui straordinaria audacia, l'indomito coraggio gli avevano valso il nomignolo di Tigre della Malesia.
— Yanez! — esclamò egli con un tono di voce, che più nulla aveva d'umano. —
Che cosa fanno gl'inglesi a Labuan?
— Si fortificano — rispose tranquillamente l'europeo.
— Forse che tramano qualche cosa contro di me?
— Lo credo. — Ah! Tu lo credi? Che osino alzare un dito contro la mia Mompracem!Di' a
loro che si provino a sfidare i Pirati nei loro covi! La Tigre li distruggerà fino
all'ultimo e berrà tutto il loro sangue.Dimmi che cosa dicono di me?
— Che è ora di finirla con un pirata cosí audace.
— E mi odiano molto?
— Tanto che s'accontenterebbero di perdere tutte le loro navi, pur di appiccarti.
— Dubiti forse? Fratellino mio, sono molti anni che tu ne commetti una peggiore dell'altra. Tutte le coste portano le tracce delle tue scorrerie; tutti i villaggi e tutte le città sono state da te assalite e saccheggiate; tutti i forti olandesi, spa
gnoli e inglesi hanno ricevuto le tue palle e il fondo del mare è irto di navi da te mandate a picco.
-È vero, ma di chi la colpa? Forse che gli uomini di razza bianca non sono stati inesorabili con me? Forse che non mi hanno detronizzato col pretesto che io diventavo troppo potente? Forse che non hanno assassinato mia madre, i miei fratelli e le mie sorelle, per distruggere la mia discendenza? Quale male avevo io fatto a costoro? La razza bianca non aveva mai avuto da dolersi di me eppure mi volle schiacciare. Ora io li odio, siano spagnoli, od olandesi, o inglesi o portoghesi tuoi compatrioti, io li esecro e mi vendicherò terribilinente di loro, l'ho giurato
sui cadaveri della mia famiglia e manterrò il giuramento! Se sono però stato spietato coi miei nemici, qualche voce spero si alzerà per dire che talvolta sono stato generoso.
- Non una, bensì cento, mille voci possono ben dire che tu sei stato coi debopi
perfin troppo generoso - disse Yanez.
Possono dirlo tutte quelle donne cadute in tuo potere che tu hai condotte, a rischio di farti colare a picco dagli incrociatori, nei porti degli uomini bianchi; possono dirlo le deboli tribù che tu hai difeso contro le razzie dei prepotenti, i poveri marinai privati dei loro legni dalle tempeste e che tu hai salvati dalle onde e coperti di regali, e cento, e mille altri che ricorderannl sempree i tuoi benefici, o Sandokan. Ma dimmi ora, fratellino mie, che vuoi concludere?
La Tigre della Malesia rispose. Si era messo a passeggiare per la stanza col-
le braccia incrociate e la testa china sul petto. A che pensava quel formidabile
uomo? Il portoghese Yanez, quantunque lo conoscesse da lungo tempo, non
sapeva indovinarlo.
— Sandokan, — disse dopo qualche minuto, - a che cosa pensi?
La Tigre si fermò guardandolo fisso, ma ancora non rispose.
- Hai qualche pensiero che ti tormenta? - riprese Yanez. - Toh! Si direbbe che
ti crucci perché gl'inglesi ti odiano molto.
Anche questa volta il pirata stette zitto.
Il portoghese si alzò, accese una sigaretta e si diresse verso una porta nascosta
dalla tappezzeria, dicendo:
- Buona notte, fratellino mio.
Sandokan a quelle parole si scosse e, fermando con un gesto il portoghese, disse:
-- Una parola, Yanez.
— Parla adunque.
- Sai che voglio andare a Labuan?
- Tu!... A Labuan!...
Perché tanta sorpresa?
- Perché tu sei troppo audace e commetteresti qualche pazzia nel covo dei tuoi
più accaniti nemici.
Sandokan lo guardò con due occhi che mandavano fiamme ed emise una spe-
cie di sordo ruggito.
- Fratello mio, — riprese il portoghese, — non tentare troppo la fortuna. Sta' in
guardia! L'affamata Inghilterra ha messo gli occhi sulla nostra Mompracem e
forse non aspetta che la tua morte per gettarsi su i tuoi tigrotti e distruggerli.
Sta' in guardia, poiché ho veduto un incrociatore irto di cannoni e zeppo d'armati ronzare nelle nostre acque, e quello là è un leone che altro non attende che una preda
Ma incontrerà la Tigre! — esclamò Sandokan; stringendo i pugni e fremendo dai piedi al capo.
— Sì, la incontrerà e forse nella pugna soccomberà, ma il suo grido di morte
giungerà fino sulle coste di Labuan ed altri muoveranno contro di te. Morranno molti leoni, poiché tu sei forte e tremendo, ma morrà anche la
Tigre!
-Io!...
Sandokan aveva fatto un salto innanzi, colle braccia contratte pel furore, gli occhi fiammeggianti, le mani raggrinzate come se stringessero delle armi. Fu però un lampo: si se-
dette dinanzi al tavolo, tracannò d'un sol fiato una tazza rimasta piena e disse con voce perfettamente calma:
— Hai ragione, Yanez; tuttavia io andrò domani a Labuan.
Una forza irresistibile mi spinge verso quelle spiagge, e una
voce mi sussurra che io devo vedere la fanciulla dai capelli d'oro, che io devo. ..
— Sandokan!
— Silenzio fratellino mio: andiamo a dormire.