Nel 63 a.C., si consumò a Roma un fallito colpo di stato, passato alla storia, dal nome dell'ideatore, come la congiura di Catilina. Le vicende furono prevalentemente scandite dallo smascheramento della cospirazione. L'avvio lo diede infatti Cicerone, allora console, che, ricevute alcune delazioni, prese a denunciare Catilina in senato. Le prove erano però deboli. Nella stessa seduta inaspettatamente giunsero anche le voci di un'insurrezione dei veterani di Silla in Etruria. La rivolta, che era l'innesco della sedizione ma che ancora non recava la firma di Catilina, portò comunque all'indizione dello stato d'emergenza. Con una seconda invettiva, Cicerone riuscì a isolare politicamente l'avversario e a costringerlo a lasciare l'Urbe. La capitale era ormai presidiata, la rivolta era già scattata, Pompeo stava tornando dall'Asia con gli eserciti e Catilina, tradendo la parola per cui andava in esilio, s'unì ai reduci. Denunciava così le sue vere intenzioni e s'attirava addosso la repressione. Con espedienti e interrogatori, furono appresso scoperti alcuni congiurati dentro la città, in breve messi a morte. Catilina cadde invece nella battaglia di Pistoia l'anno appresso.
(Lanfranco Macchèn)