"Sed cur contra voluntatem suam gemitus facere cogitur philosophus Stoicus, quem nihil cogi posse dicunt? Nihil sane potest cogi vir sapiens, cum est rationi obtinendae locus: cum vero natura cogit, ratio quoque a natura data cogitur. Quaere etiam, si videtur, cur manu alicuius ob oculos suos repente agitata invitus coniveat, cur fulgente caelo a luminis iactu non sua sponte et caput et oculos declinet, cur tonitru vehementius facto sensim pavescat, cur sternumentis quatiatur, cur aut in ardoribus solis aestuet aut in pruinis inmanibus obrigescat. Haec enim et pleraque alia non voluntas nec consilium nec ratio moderatur, set naturae necessitatisque decreta sunt. "Fortitudo autem non east, quae contra naturam monstri vicem nititur ultraque modum eius egreditur aut stupore animi aut inmanitate aut quadam misera et necessaria in perpetiendis doloribus exercitatione, qualem fuisse accepimus ferum quendam in ludo Caesaris gladiatorem, qui, cum vulnera eius a medicis exsecabantur, ridere solitus fuit; sed ea vera et proba fortitudost, quam maiores nostri scientiam esse dixerunt rerum tolerandarum et non tolerandarum. Per quod apparet esse quaedam intolerabilia, a quibus fortes viri aut obeundis abhorreant aut sustinendis".
"il filosofo stoico, ma come mai, contro la sua volontà, che a nulla può esser obbligato lo è invece ad emettere dei gemiti? E' sicuro che il saggio non può essere obbligato a nulla quando ha la pssibilità di usare la ragione ma quando è la natura che costringe, anche la ragione, che è nata dalla natura, viene costretta. Chiedimi pure, se ti pare, perché, quando una mano viene improvvisamente agitata davanti agli occhi del saggio, involontariamente egli li chiuda; perché sotto un ciclo accecante, colpito dai raggi del sole egli, non di propria volontà, distolga la testa e gli occhi; perché all'insorgere improvviso del tuono i suoi sensi s'impauriscano; perché sia scosso dagli starnuti; perché soffochi dal caldo per gli ardori dell'estate o rabbrividisca ai grandi freddi. Queste cose e molt'altre non sono controllate dalla volontà, né dal giudizio, né dalla ragione, ma sono dei comandi della natura e della necessità.
«Non è coraggio combattere contro la natura a guisa di un mostro e andare oltre i limiti di quella, o per insensibilità d'animo, o per ferocia, o per una specie di triste e fatalistica esercitazione nel sopportare i dolori (come udimmo di un certo selvaggio gladiatore ai giochi in onore di Cesare, che era solito ridere quando le sue ferite erano operate dai medici); ma è vero e nobile coraggio quello che i nostri avi definirono la scienza delle cose che si possono o non si possono tollerare. Da ciò risulta che ci sono alcune cose intollerabili che gli uomini coraggiosi evitano oppure tollerano".