Ippolito di Euripidide

Messaggioda Babebi » 25 ago 2014, 14:23

Versi:
121-150
Si parla di una roccia che filtri l'acqua d'oceano/roccia marina, che emetta dai suoi dirupi una fonte d'acqua corrente, da cui attingere (lett. attingibile) con delle brocche, dove c'era una mia amica, che lavava le sue vesti purpuree con acqua fluviale, le stendeva al sole sulle superfici della roccia calda per il sole; di là mi giunse una prima notizia della padrona: (si dice che) sta dentro casa logorata nel corpo nel letto malata, e dei veli sottili ombreggiano il biondo capo. Sento dire che costei per il terzo giorno tiene lontana dalla divina bocca il puro corpo del frutto di Demetra, volendo rifugiarsi con segreta sofferenza nel funesto termine della morte. Forse tu, o figlia, ti aggiri invasata oda Pan, o da Ecate, o dai venerati Coribanti o dalla madre montana, o forse ti struggi per le colpe contro Dittinna, cacciatrice di Fiere, tu colpevole di non aver fatto sacrifici (lett di focacce non sacrificate)? Si aggira infatti attraverso le acque per la terra, ferma al di là del mare (dalla Grecia a Creta) fra gli umidi gorghi dell'acqua salata.







151-175
O forse una concubina nascosta nel tuo letto diletta in casa il tuo sposo, nobile principe d'Eretteidi? O forse un marinaio partito da Creta, ha navigato verso il porto più ospitale, portando i naviganti un messaggio alla regina, (lett la sua anima) lei è legata al letto per il dolore dovuto alle sue sofferenze? La dolorosa debolezza delle doglie e del delirio del parto suole accompagnarsi con il difficile carattere delle donne. Attraverso il mio ventre si agitò una volta un forte fremito e invocavo Artemide celeste, protettrice dei parti, signora degli archi ed essa è da me molto onorata e si aggira con gli dei (->con il favore degli dei). Ma ecco davanti alle porte l'anziana nutrice, che la accompagna fuori dal palazzo: un fosco nembo si addensa sulle sue ciglia. L'anima desidera sapere che cosa mai accada, che cosa abbia mai distrutto il corpo della regina, che è pallido (di un altro colore).














176-197
N.: O odiose sofferenze dei mortali, che cosa dovrei fare? Cosa non dovrei fare? Eccoti luce, ecco aria raggiante: ormai è fuori da palazzo il giaciglio del tuo letto di malata. Infatti ogni tua parola era per venire qui, ma presto ti affretterai di nuovo alle tue stanze, in fretta infatti cambi idea e non gioisci per niente, ne ciò che hai davanti ti soddisfa e ritieni più gradito ciò che non hai. E' meglio essere malati che curare: mentre l'una è cosa semplice, all'altra si congiunge il dolore degli animi e la fatica delle mani. La vita degli uomini è piena di dolore, e non c'è una cessazione delle fatiche: una tenebra, avvolgendo con le nuvole, nasconde qualsiasi altra cosa, che sia più cara della vita. Sembriamo essere follemente innamorati di qualsiasi cosa che risplenda sulla terra per ignoranza di un'altra vita o per mancanza di prove da sotto terra: vanamente ci facciamo trasportare dalle favole.














198-222
F.: Sollevate il mio corpo, sorreggete il mio capo: mi sento sciolta (attraverso) le giunture delle mie membra, care. Sollevatemi, o ancelle, (le mani dalle) belle braccia. Mi pesa avere il velo sul capo, toglilo, spargi i ricci sulle spalle. Coraggio, figlia, e non agitare il corpo in modo smanioso (con impazienza), più facilmente sopporterai il tuo male con calma e con nobile volontà/animo: è necessario per i mortali soffrire. Ahimè. Oh, poter attingere un sorso (una bevanda) da una sorgente di acque cristalline, e riposare sotto i pioppi in un prato frondoso.
N.: Figlia, cosa dici? Non dirai (mica) davanti alla gente queste cose, pronunciando un discorso improntato a follia (scagliando parole di follia)?
F. : Conducetemi sul monte: andrò nel bosco fra i pini dove le cagne (che uccidono le fiere) corrono incalzando le cerbiatte screziate)
Per gli dei, voglio incitare le cagne e scagliare un'asta tessala rasente alla mia bionda chioma impugnando un dardo appuntito (lett. avendo nella mano).










222-242
N.: Perché o figlia, ti affliggi per queste cose? E perché anche tu ti preoccupi della caccia? Perché brami le acque correnti sorgive? Presso le mura (lett. torri) c'è un colle rorido, da dove potresti bere (lett.per te ci sarebbe una bevanda)
F.: Artemide, signora di Limna marina e degli stadi risonanti per il calpestio dei cavalli, o se fossi nelle tue pianure a domare cavalli veneti.
N.: Perché hai di nuovo pronunciato quella parola vaneggiando? Ora avevi il desiderio di andare a caccia, spinta al monte, mentre ora vorresti di nuovo cavalle sulle sabbie non bagnate dai flutti (quelle degli stadi). Queste parole sono degne di molta divinazione, chi tra gli dei ti allontana dal retto sentiero e ti turba l'animo, o figlia.
F.: Me sventurata, che cosa mai ho fatto? Dove ho deviato dal buon senso? (Fui folle) Impazzii, caddi nel delirio/annebbiamento per colpa di un dio. Ahimè, Ahimè, infelice.

243-266
F.: Nutrice, velami ancora, mi vergogno delle cose che ho detto: coprimi; giù dagli occhi mi scendono lacrime, il mio sguardo è volto alla vergogna. Infatti dal dolore l'avere la mente lucida, un male è l'essere folli; ma è meglio morire senza conoscenza.
N.: Ti velo, ma quando dunque la morte coprirà il mio corpo? La lunga vita mi insegna molte cose. Bisognerebbe infatti che i mortali stringessero amicizie tr di loro e non fino all'intimo midollo dell'anima, (bisognerebbe9 che fosse facile a sciogliersi l'amore delle menti (affetti), respingerlo e stringerlo. È un peso grave il soffrire di un'anima solo per due, come anche io mi tormento per lei.
Si dice che le eccessive premure della vita rovinino di più del dare gioia; piuttosto muoviamo guerra alla saggezza. Così approvo il troppo meno del nulla di troppo; e i saggi saranno d'accordo con me.

311-331
F.: mi farai morire aperta (lett hai fatto morire, l'aoristo esprime la certezza dell'avvenimento), o nutrice, e ti prego per gli dei ancora una volta (lett di nuovo) di tacere riguardo quest'uomo.
N.: vedi? Sei assennata, ma pur essendo assennata, non vuoi aiutare i tuoi figli e salvarti (lett la tua vita).
F.: Amo i miei figli; ma (lett. sono tempestosa in un'altra cosa) mi trovo in un'altra sventura.
N.: Figlia, hai le mani pure dal sangue?
F.: Le mane sono pure, ma l'anima/il cuore è contaminato (lett ha una contaminazione.
N.: Forse per il maleficio lanciato da un nemico.
F.: Una (persona9 cara, non volendo, ferisce me, che non voglio.
N.: Teseo ha commesso (qualche) colpa verso di te?
F.: (Che) io non sia vista mai a fargli del male.
N.: Che cos'è dunque questo male, che ti spinge a morire?
F-.: Lasciami sbagliare non pecco contro di te.
N.: Non proprio di tua volontà (letteralmente volendo), ma per colpa tua fallirò (sarò rimasta indietro)
F.: Che fai? Cerchi di costringermi/mi fai male prendendomi la mano?
N.: E anche le ginocchia, e non le lascerò mai.
F.: Sciagura/sventura ti colpirà (lett sarà per te misera), se verrai a sapere, sventura.
N.: Dunque, quale male sarà per me più grande di non rimanere con te?
F.: Ne soffrirai; eppure (questo) fatto mi rendo onorevole.
N.: E dunque nascondi una cosa onorevole malgrado le mie suppliche?
F.:Escogito infatti cose onorevoli da cose turpi.

332-352
N.:Forse che parlando non apparirai più degna di onore?
F.: Vattene per gli dei, lasciati (staccati dalla) la mia mano (lett destra).
n.: No, certo, poiché non mi concedi il dono che dovresti.
F.: Te lo darò; rispetto infatti la santità della tu mano.
N.: Tacerò (dunque) (lett potrei tacere, ottativo di cortesia); (infatti) la parola sarà tua d'ora in poi->tocca a te parlare
F.: O madre sventura (Pasife), quale amore amasti?
N.: Avevi quello per il toro, che co'è questo che dici?
F.: E tu, misera sorella, sposa di Dionisio
N.: Figlia, che ti succede? Insulti i (tuoi) congiunti?
F.: Io terza sventurata, come perisco.
N.: Sono certamente costernata da te: dove andrà a parare questo discorso?
F.: Non so nulla di più di quello che (voglio) vorrei ascoltare.
F.: Ahi, potresti dirmi tu quel che dovrei (devo) dire.
N.: Non sono un'indovina da conoscere le oscure chiaramente.
F.: Cos'è questo che si dice che gli uomini amino?
N.: E' cosa dolcissima, o figlia, e allo stesso tempo dolorosa.
F.: Io avrei provato solo una delle due.
N.: Che dici? Quale uomo ami, o figlia?
F.: Chiunque mai sia costui, è il figlio dell'Amazzone.
N.: Ippolito dici? F.: Sai queste cose da te, non da me.

3353-361
N.: Ahimè, che vorrai dire figlia? Come mi hai distrutto (lett fai soffrire). Donne, non è sopportabile, non lo sopporterò (mentre sono viva) da viva/di vivere: vedo odioso il giorno, odiosa la luce. Getterò via, lascerò (questo) corpo, lascerò la vita morendo; addio; io non esisto più. (Anche) i saggi, pur non volendolo, tuttavia amano i mali. Cipride dunque non era una dea, ma se possibile è qualcosa più di una dea (c'è qualche altra cosa più grande), Cipride che (distrusse) ha fatto soffrire costei, me e la mia famiglia.

776-796
A.: Ahi, ahimè, corrette in aiuto voi tutti vicini di casa; la mia padrona, moglie di Teseo, si è impiccata (si trova nel cappio).
C.: Ahi, ahi, è fatta, la (moglie del re) regina non vive più appesa nel laccio.
A.: Non vi affretterete? Non porterà nessuno una spada (ferro) a doppio taglio (ambidestro) attraverso cui troncare il nodo intorno al collo (sciogliere, fut)?
1° Semicoro: Che cosa dovremmo fare mie care (facciamo)? Vi sembra opprtuno entrare nella reggia per sciogliere la regina dallo stretto laccio?
2° Semicoro: Che cosa? Non ci sono là giovani ancelle? Non è prudente nella vita far molte cose.
A.: Sollevate, stendendo nel letto questo misero cadavere, quest'amaro custode della dimora dei miei padroni.
C.: A quanto sento quell'infelice (donna) è morta: perciò infatti la depongono ormai come un cadavere.
T.: Donne, sapete quale grido sia mai nel palazzo? Mi è giunta la grave voce dei servi: e la famiglia non si degna infatti di rivolgermi un saluto con gioia come un pellegrino, spalancando le porte. E' forse accaduto qualcosa di nuovo al vecchio Pitteo; certo è in età avanzata (lett la sua vita è in avanti), ma tuttavia lascerebbe il palazzo ancora con dolore per noi.

1151-1172
Ecco dunque, vedo un compagno di Ippolito, venire frettolosamente verso la reggia triste in volto.
Mess.: Dove potrei trovare dopo essere giunto Teseo Signore di questa terra, donne? Se lo sapete indicatemelo: forse è dentro il palazzo?
C.: Eccolo in persona, esce fuori di casa
Mess.: O Teseo, porto una notizia (degna di pena) penosa per te e per i cittadini che abitano nella città di Atene e ai confini di Trezene.
T.: Qual è? Forse una (più) nuova sciagura si è abbattuta sulle due città vicine?
Messaggero.: Ippolito non c'è più, (per dirla in una parola) per così dire: vede sicuramente la luce ma per poco. (la sua vita è appesa a un filo)
T.: Per mano di chi? Forse gli divenne nemico qualcuno, del quale oltraggiò la moglie con violenza, come (suo) padre?
Mess.: Lo ha ucciso proprio il suo stesso carro e le maledizioni della tua bocca, che imprecasti contro tuo figlio, pregando tuo padre, signore del mare.
T.: O dei! O Poseidone eri dunque/forse mio padre poiché/se hai ascoltato le mie preghiere/imprecazioni. Come morì? Parla. In quale maniera la spada di Dike colpì lui che mi ha oltraggiato.

1257-1267
T.: mi sono compiaciuto di queste parole per odio dell'uomo che ha subito queste cose. Ora però mi rallegro per questi mali, né mi rattristo per rispetto verso di gli dei, poiché è nato da me.
Messaggero.: e allora? Dobbiamo trasportare l'infelice o cosa dobbiamo fare dello sventurato noi per far qualcosa di gradito alla sua anima? Pensaci; seguendo il mio consiglio (plurale) non sarai crudele verso il tuo figlio sventurato.
Teseo: portatelo affinché guardandolo negli occhi colui che negò di avere insozzato il mio talamo. Io lo confuterò con le parole e con le sventure mandate dagli dei.
(Teseo si sente appoggiato dagli dei che disapprovano il comportamento d'Ippolito che deve essere crudele visto che gli dei l'hanno punito)

1283-1295
Artemide.: Esorto te, nobile figlio di Egeo ad ascoltarmi: parlo io a te, io, Artemide, figlia di Latona. O Teseo perché gioisce di queste cose, tu che hai ucciso empiamente tuo figlio, avendo creduto alle parole bugiarde di tua moglie circa cose non viste? È invece una rovina sicura. Come non ti nascondi (il corpo) nelle viscere della terra vergognandoti oppure mutando vita.
((non levi il piede in alto (non ti levi in volo) fuori da questa disgrazia come per essere alato? Così non c'è più per te la possibilità di vita almeno tra le persone oneste.

(esodo, Artemide su teologeion, rimprovera Teseo e gli rivela la verità, resis)










1296-1312
Ascolta Teseo lo stato dei tuoi mali sebbene non mi avvantaggerò in nulla, anzi ti addolorerò, per questo tuttavia sono giunta a mostrarti la rettitudine d'animo di tuo figlio affinché muoia con gloria (letteralmente coperto di) e la folle (letteralmente assillo) passione di tua moglie o in un certo senso la sua nobiltà. (Fedra si uccide: non segue le passioni). Ferito dagli stimoli della dea più nemica a noi (che) quanto proviamo piacere nella verginità, si innamora di tuo figlio. Mentre cercava di vincere Cipride con l'ingegno fu vinta contro la sua volontà (pur non volendolo) dagli intrighi della nutrice, che svelò a tuo figlio il morbo sotto giuramento. Egli come appunto è giusto, non seguì quelle parole/ consigli e non ruppe (fede) i giramenti, quando fu offeso da te essendo pio. Ed essa temendo di cadere (alla prova) in biasimo scrisse accuse false e uccise con l'inganno tuo figlio. Tuttavia ti persuase.










1313-1324
Artemide.: Ti fa soffrire (questo) discorso, o Teseo? Ma non ti preoccupare (stai quieto) affinché dopo aver ascoltato il resto (ciò che ne seguì) piangere ancora di più. Forse (tu) non sai di avere tre sicure/certe preghiere/implicazioni di tuo padre? E una di queste, o scelleratissimo, hai usato contro tuo figlio pur essendo possibile contro un nemico. Dunque tuo padre, (signore) del mare, pensando giustamente, ti ha dato quanto doveva, poiché veramente lo compì: ma tu a quello e a me ti mostri malvagio, tu che/poiché non hai aspettato ne una prova ne responsi di indovini, non indagasti, non hai approfondito a lungo l'indagine (concedesti l'indagine a lungo tempo), ma più in fretta di quanto fosse necessario lanciasti maledizioni contro tuo figlio e lo feci morire.

1342-1352
Coro: Ecco l'infelice giunge, straziato il biondo e le giovani carni. O famiglia sventurata, quale duplice lutto, (ricevuto) mandato dagli dei si è compiuto in questa dimora.
Ippolito: Ahimè, ahimè, io infelice, sono stato rovinato dalle maledizioni (dall'oracolo) ingiusto di un padre ingiusto; sono finito, misero, ahimè. I dolori trapassano e lo spasmo balza nel mio cervello.

1353-1372
Fermati, che io faccia riposare il mio corpo esausto. O odioso carro trainato di cavalli, (nutrimento delle) allevate dalle mie mani, mi hai distrutto, mi hai ucciso. Ahimè, ahimè: per gli dei toccate piano il mio corpo piagato (con le due mani) (senza scosse), servi.
Chi sta presso il mio fianco destro? Sollevatemi con attenzione/in modo opportuno, portate tutti insieme (letteralmente con sintonia) questo sventurato e maledetto per l'errore del padre. Zeus, Zeus vedi questi avvenimenti? Io quest'uomo pio e che venera gli dei (/pudico verso gli dei), che superava tutti in saggezza, mi muovo verso l'Ade dalla terra dinanzi a me avendo perduto la vita; invano spesi/affrontai le fatiche dell'empietà per gli uomini.Ahi,ahi, ancora dolore, il dolore mi assale. Lasciate me infelice; sopraggiunga la morte risanatrice. Distruggete e uccidete me sventurato: desidero una lama doppio taglio per lacerare la mia vita e darle riposo. O sciagurata maledizione di mio padre, il male ha origine da congiunti lordi di sangue ...

Babebi

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Messaggioda giada » 26 ago 2014, 7:19

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grazieate

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