Filosseno e le poesie del tiranno
Dionysii, Syracusanorum tyranni, maxime intererat quid de se et de suis carminibus...
A Dionisio, tiranno dei Siracusani, interessava moltissimo che cosa pensassero di lui e delle sue poesie isuoi amici ei sapienti.
Infatti era molto amante della gloria poetica. Pertanto spesso recitava le sue poesie durante i banchetti, a convitati molto esperti nell'adularlo. Tra questi c'era Filosseno, un uomo di grande ingegno, che da solo, non in grado di fingere, disse apertamente che cosa pensava. Dopo aver sentito un giorno delle poesie di nessun pregio recitate da Dionisio disse che le poesie di Dionisio non erano di alcun valore.
Il tiranno offeso dal questa franchezza di parole, ordinò che il critico delle sue poesie fosse afferrato dalle sue guardie e che fosse sbattuto nelle latomie, che erano un carcere pubblico. Tuttavia il giorno dopo si pentì della sua ira e esortato dagli amici invitò di nuovo Filosseno al banchetto.
Lì mentre recitava le sue poesie, chiese il parere di Filosseno a proposito di alcuni versi, che stimava moltissimo. Quello, insolito ad adulare e incurante del pericolo, si alzò dalla mensa e, senza aver detto nessuna parola, andò via. Quando gli chiesero dove si dirigesse, rispose: "Alle cave di pietra (latomie)".