Cum Iugurtha adolevit pollens viribus decora facie, sed multo maxime ingenio validus ...
Quando Giugurta crebbe, potente quanto a forze, di bell'aspetto, ma più ancora, soprattutto, valente per intelligenza, non si diede al lusso, né alla pigrizia, ma, come è usanza di quel popolo, andava a cavallo, lanciava frecce;
gareggiava con i coetanei nella corsa e superava tutti in gloria, e ciononostante era caro a tutti; inoltre trascorreva la maggior parte del tempo nella caccia, feriva per primo, o tra i primi, il leone e le altre bestie; faceva moltissimo e parlava pochissimo di sé. All'inizio Micipsa era stato felice di queste cose:
infatti pensava che il valore di Giugurta sarebbe stato (motivo) di gloria per il suo regno, tuttavia, dopo che si accorse che il giovane uomo cresceva sempre di più, mentre egli era ormai un vecchio con i figli piccoli, si turbava per quella situazione, e tra sé e sé meditava molte cose. Lo spaventava la natura degli esseri umani, avida di potere, e precipitosa nell'appagare i desideri dell'animo, inoltre (lo spaventava)
l'opportunità della sua età e dei suoi figli, che fa uscire dalla retta via anche gli uomini mediocri con la speranza di un profitto, (lo spaventavano) infine le simpatie dei Numidi, che erano aumentate verso Giugurta.