Igitur domi militiaeque boni mores colebantur nec quisquam maiorum mores ...
Dunque i buoni costumi venivano coltivati sia in tempo di pace che in tempo di guerra e nessuno disprezzava le tradizioni degli antenati; e tralascio che la concordia era massima, l'avidità minima, e grande la devozione; il diritto e l'onestà presso di loro vigevano in virtù delle leggi non più che per l'indole naturale.
Praticavano liti, discordie e rivalità con i nemici, i cittadini gareggiavano in valore con i cittadini. Accadeva, in maniera corretta, che erano sfarzosi in occasione dei sacrifici per gli dèi e parsimoniosi in casa, leali nei confronti degli amici.
Si prendevano cura sia di sé stessi, sia dello stato con queste due abilità: audacia in guerra e giustizia quando era sopraggiunta la pace. Di queste cose non dimenticate le prove validissime, vale a dire il fatto che in guerra si presero provvedimenti più spesso nei confronti di quelli che avevano combattuto contro il nemico in contravvenzione a un ordine e che, dopo essere stati richiamati, si erano ritirati troppo tardivamente dalla battaglia, che nei confronti di quelli che avevano osato abbandonare le insegne o, essendo pressati, indietreggiare.
Oh cittadini Romano, badate anche voi, in tempo di pace, a non maneggiare il potere più con la paura che con le concessioni e, dopo aver ricevuto un torto, non anteponete la vendetta al perdono!