Nec ad philosophiam ineptum vel impar servorum ingenium fuit Phaedon qui Socratique et Platoni ...

L'intelligenza dei servi non fu inadatta alla filosofia, né inferiore. Fedone, che divenne amico intimo sia di Socrate, sia di Platone – infatti Platone dedicò al nome di quello quel libro divino sull'immortalità dell'anima – fu servo per aspetto, ma dall'intelligenza di un uomo libero.

Il discepolo di Socrate Cebete, venendo esortato da Socrate in persona, comprò quello medesimo (Fedone), e lo istruì nelle discipline della filosofia: e narrano che egli, in seguito, emerse come illustre filosofo. Anche noi reputiamo molto eleganti i discorsi del medesimo Fedone a proposito di Socrate.

Ci furono anche altri servi, e non pochi, che in seguito divennero filosofi e (furono) loro stessi colmati di fama: tra i questi ci fu quel famoso Menippo, i cui libri M. Varrone imitò nelle satire, che egli stesso chiama Menippee. Ma anche Pompilio, servo del peripatetico Filostrato, anche lo schiavo dello stoico Zenone, che si chiamò Perseo, anche quello di Epicuro, che si chiamò Mio, filosofi non privi di fama, vissero in quella medesima epoca, e tutti ammirarono il loro ingegno: addirittura, l'illustre Diogene il Cinico, dalla libertà fu ridotto in schiavitù, e la sopportò con fierezza.

Poiché il corinzio Xeniade desiderava comprarlo, e poiché aveva chiesto quale arte conoscesse, Diogene rispose: So comandare gli uomini liberi. Allora Xeniade, essendosi meravigliato della sua risposta, lo liberò dalla servitù, consegnò a lui i suoi figli e disse: Accetta i miei figli, darai ordini ad essi.

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