Un sogno veritiero - Versione latino Cicerone
Un sogno veritiero Callidae Voces versione Cicerone
Duo Arcades familiares iter Megaram versus una faciebant. Postquam in urbem pervenerant, unus ad cauponem devertit, alter ad hospitem.
Sed concubia nocte unus, dum hospitis sui domi placide dormit, alterum in somnio vidit, qui (nom= che, il quale) flebat et sic amicum orabat: «Amice, me (acc. = me, mi) adiuva, quod caupo interitum meum parat ob pecuniam meam!». Viro enim copiosa res familiaris erat, et ille (nom. = egli) magna cum imprudentia multos nummos ad longum iter secum (= con sē) tulerat.
Amicus igitur primum (avv. ) horruit et surrexit, dein, postquam somnium effluxerat, quievit et recubuit. Dum dormit, amicus in somnio rursus apparuit et dixit: «Quia mihi (dat. = a me) vivo non subvenisti, nunc mortem meam vindica! Caupo enim me (acc. = me, mi) interfecit, in plaustrum coniecit et super corpus stercus terramque iniecit.
Cras, ubi (=appena) lluxerit, interfector ex oppido cum plaustro exibit; tu, prima luce, ad portam adi et rem denuntia!». Mane amicus ad portam adiit et cauponi praesto fuit. Mortuum e plaustro eruit et caupo fugit, sed res patefacta est et homo sceleratus sceleris sui poenas solvit.
Due amici Arcadi facevano insieme un viaggio alla volta di Megara. Dopo essere arrivati in città, uno alloggiò presso un oste, l’altro da un albergatore.
Ma a notte fonda uno, mentre dormiva tranquillamente a casa del suo albergatore, vide in sogno l’altro, che piangeva e così pregava l’amico: “ Amico, aiutami, perché l’oste prepara la mia morte per il mio denaro!”. Infatti l’uomo possedeva un notevole patrimonio ed egli con grande imprudenza aveva portato con sé molte monete per il lungo viaggio.
L’amico, dunque, dapprima rabbrividì e si alzò, poi, dopo che il sogno era svanito, si calmò e si tornò a letto. Mentre dormiva, l’amico riapparve in sogno e disse: “Poiché non sei venuto in mio aiuto quando ero ancora vivo, ora vendica la mia morte! L’oste infatti mi ha ucciso, mi ha scagliato su un carro e sopra al mio corpo ha gettato sterco e terra. Domani, quando spuntò il giorno, l’assassino uscirà dalla città con il carro;
tu, all’alba, recati alla porta e denuncia il fatto!”. Di mattina l’amico si recò alla porta e si trovò al cospetto dell’oste. Tirò fuori il cadavere dal carro e l’oste fuggì, ma il fatto fu scoperto e l’uomo infame (lett. scellerato) scontò la pena per il suo delitto.
Traduzione dal libro calidae voces pagina 155 numero 66
E Aristotele, uomo d'ingegno eccezionale e direi quasi divino, s'inganna o vuole ingannare gli altri, quando scrive che Eudemo di Ciprio suo amico, facendo un viaggio in Macedonia, arrivò a Fere, che era una città in Tessaglia allora molto nota, ma era tenuta in dominio dalle crudele tiranno Alessandro; dunque nella città Eudemo fu così gravemente malato, che tutti i medici diffidavano;
gli sembrò che un giovane di bell'aspetto gli dicesse nel sonno che prestissimo sarebbe guarito, e pochi giorni dopo il tiranno Alessandro sarebbe morto, invece lo stesso Eudemo sarebbe ritornato a casa dopo cinque anni. Sia Eudemo guarì sia il tiranno fu ucciso dai fratelli della moglie; invece alla fine del quinto anno, essendoci la speranza da quel sogno che sarebbe ritornato a Cipro dalla Sicilia, questo combattendo a Siracusa fu ucciso;
da ciò quel sogno fu così interpretato, che, l'animo di Eudemo uscendo dal corpo allora sarebbe sembrato che fosse ritornato in patria.