Il coraggio di Arria - Clari fontes Navigare versione latino Plinio il Giovane
Il coraggio di Arria
versione latino Plinio il Giovane
traduzione libro clari fontes e libro navigare
Aegrotabat Caecina Paetus maritus eius, aegrotabat et filius, uterque mortifere, ut videbatur....
Cecina Peto, suo marito, era malato, era malato anche suo figlio e tutt’e due in pericolo di morte, come sembra.
Morì il figlio, di straordinaria bellezza, pari modestia, e per i genitori non meno caro per altri aspetti che per il fatto che era il figlio. Ella (così) preparò il funerale per il figlio e (così) condusse le esequie in modo che il marito restasse ignaro; che anzi, quante volte entrava nella sua stanza, tante volte fingeva che il figlio vivesse e (inoltre faceva) anche (credere) che stesse meglio, e rispondeva al marito che chiedeva spessissimo cosa faceva il ragazzo:
"Ha riposato bene e ha mangiato volentieri". Poi, quando le lacrime a lungo trattenute avevano la meglio e sgorgavano, usciva; allora si abbandonava al dolore; sfogatasi, con occhi asciutti e volto ricomposto, tornava, come se avesse lasciato fuori (il dolore per) la mancanza. Senza dubbio famosissimo di lei quel gesto, impugnare l’arma, trafiggersi il petto, estrarre il pugnale, porgerlo al marito, aggiungere una frase immortale e quasi divina:
"Peto, non fa male. Ma tuttavia, mentre ella lo faceva, le stavano davanti agli occhi la gloria e l’eternità; ma più grande di ciò è, senza il vantaggio dell’eternità, senza il vantaggio della gloria, nascondere le lacrime, celare il dolore e, perso il figlio, recitare ancora la madre.