Ranae mores paludis incolarum vi coercere cupiebant ideoque ...
Le rane desideravano correggere con la forza le abitudini degli abitanti della palude, e perciò innalzarono grandi grida fino alle stelle e, tramite dei messaggeri, richiesero da Giove un re. Il re degli uomini e degli dei sorrise, e fece cadere nello stagno un tronco.
La specie timorosa, fortemente turbata dal rumore e dal sommovimento delle acque, cercò rifugio nelle profondità della palude.
Quando però si accorsero dell'immobilità del tronco immerso nel fango, le rane sollevarono in silenzio la testa fuori dallo stagno: in un primo momento osservarono il re cautamente, da lontano; poi misero da parte la paura, nuotarono a gara verso (di esso), ci saltarono sopra con sfrontatezza, e lo macchiarono di ingiurie e sporcizie. Alla fine, giudicarono il re inutile, ragion per cui mandarono di nuovo dei messaggeri a Giove, e chiesero un altro re. Allora Giove, fortemente adirato, fece cadere nello stagno un serpente.
Le rane scapparono terrorizzate, ma invano: infatti, colpite una per una dal dente aguzzo, sventurate, persero la vita.