Uccisione di Sabino (Versione di latino Cesare)

Uccisione di Sabino
Autore: Cesare Documenta Humanitas tomo

His rebus permotus Quintus Titurius, cum procul Ambiorigem suos cohortantem conspexisset, interpretem suum Gnaeum Pompeium ad eum mittit rogatum ut sibi militibusque parcat.

Ille appellatus respondit: si velit secum colloqui, licere; sperare a multitudine impetrari posse, quod ad militum salutem pertineat; ipsi vero nihil nocitum iri, inque eam rem se suam fidem interponere. Ille cum Cotta saucio communicat, si videatur, pugna ut excedant et cum Ambiorige una colloquantur: sperare ab eo de sua ac militum salute impetrari posse. Cotta se ad armatum hostem iturum negat atque in eo perseverat. Qua in fuga Fabius Pelignus quidam ex infimis ordinibus de exercitu Curionis primus agmen fugientium consecutus magna voce Varum nomine appellans requirebat, uti unus esse ex eius militibus et monere aliquid velle ac dicere videretur. Ubi ille saepius appellatus aspexit ac restitit et, quis esset aut quid vellet, quaesivit, umerum apertum gladio appetit paulumque afuit, quin Varum interficeret; quod ille periculum sublato ad eius conatum scuto vitavit.

Fabius a proximis militibus circumventus interficitur.
traduzione
Scosso da tali avvenimenti, Q. Titurio, avendo scorto in lontananza Ambiorige che spronava i suoi, gli invia il proprio interprete, Cn. Pompeo, per chiedergli salva la vita per sé e i legionari. Ambiorige alla richiesta risponde: se Titurio voleva un colloquio, glielo concedeva; sperava di poter convincere le truppe circa la salvezza dei soldati romani; Titurio stesso, comunque, non avrebbe corso alcun rischio, se ne rendeva garante di persona. Titurio si consiglia con Cotta, ferito: gli propone, se era d'accordo, di allontanarsi dalla battaglia e di recarsi insieme a parlare con Ambiorige: sperava di riuscire a ottenere salva la vita per loro e per i soldati. Cotta risponde che non si sarebbe mai recato da un nemico in armi e non recede dalla sua decisione.

Durante questa fuga un Peligno, di nome Fabio, che aveva uno dei gradi più bassi dell'esercito di Curione, raggiunta la prima fila dei fuggitivi, andava in cerca di Varo chiamandolo per nome ad alta voce sì da sembrare essere uno dei suoi soldati e volerlo avvertire e parlargli. Quando Varo, dopo essere stato più volte chiamato, lo vide, si fermò, e chiese chi fosse e che cosa volesse, quello tirò un colpo di spada al fianco e mancò poco che uccidesse Varo; egli, alzato lo scudo per difendersi dall'attacco, evitò questo pericolo. Fabio circondato dai soldati che erano più vicini viene ucciso.

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