Olim cervus ad fontem aestu aestivi diei pulsus est. Quod sitiebat, ad planitiem descendit ...
Un giorno un cervo fu spinto a una fonte dalla calura di una giornata estiva. Poiché aveva sete, scese in pianura, e scoprì un fresco lago sotto antiche querce.
Dopo che ebbe bevuto, si fermò, e nel limpido specchio delle acque vide la propria immagine. Qui, mentre lodava le corna ramificate e biasimava l'eccessiva magrezza delle zampe, udì le voci dei cacciatori coi cani e fu preso dalla paura:
cominciò a scappare attraverso la pianura e con la rapida corsa evitò l'aggressione dei cani. Ma il bosco frenò la bestia, poiché i rami degli alberi ostacolavano le corna, e il cervo fu dilaniato dai crudeli morsi dei cani. Allora il poveretto esclamò:
"Ora soltanto capisco: io, sciocco, ho disprezzato le mie zampe, che mi sono state spesso molto utili. Le corna, che invece avevo elogiato, sono per me causa di morte".