Il furto delle pere - Duo latino pagina 293 numero 220

Et ego furtum facere volui et feci nulla compulsus egestate nisi penuria et fastidio iustitiae et sagina iniquitatis....

Ed io volli compiere il furto e l'ho compiuto non spinto da alcuna indigenza se non dalla penuria e dal fastidio della giustizia e dalla grandezza dell'iniquità.

Infatti ho rubato ciò, perché mi abbondava e molto meglio, non volevo usufruire della qual cosa, per quanto ho cercato di prenderla con il furto, ma (volevo usufruire) dello stesso furto e del peccato. L'albero era il pero in prossimità della nostra vigna carico di frutti non allettanti né per aspetto né per il sapore.

Per scuoterlo e portar via l'albero noi giovinetti di cattiva qualità proseguimmo a mezzanotte, fin dove avevamo organizzato il divertimento secondo il costume della pestilenza nelle aie, e abbiamo portato via da lì gli ingenti pesi non per il nostro banchetto, ma piuttosto per gettarli ai porci, anche se abbiamo mangiato qualcosa da ciò, purché tuttavia fosse compiuto da me la cosa che piacesse tanto, quanto non fosse lecito.

Ecco il mio cuore, Dio, ecco il mio cuore, che tu commiseri nel profondo abisso. Ti dovrei dire ora ecco il mio cuore, che cosa cercava lì, di essere gratuitamente anche se cattivo e a causa della mia malizia non c'è nulla se non la malizia.
(By Maria D. )

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