A Roma dilaga l'avidità
Postquam divitiae magni esse coeperunt et eas gloria...
Dopo che la ricchezza iniziò ad essere di grande valore e la gloria, il potere, la potenza la seguiva, la virtù iniziò a indebolirsi, la povertà a esser considerata per niente, l'innocenza ad esser portata avanti come malevolenza.
Dunque in conseguenza della ricchezza la lussuria e l'avarizia con la superbia invasero la gioventù: ognuno valutava le proprie cose di poco valore, desiderava le cose altrui, non considerava niente di pesato e di moderato, l'uno accusava l'altro di alto tradimento o di concussione.
Varrebbe la pena, avendo conosciuto le case e le ville edificate a guisa delle città, visitare i templi degli dèi, che i nostri antenati, i mortali più religiosi, realizzarono. Veramente quelli decoravano i santuari delle divinità secondo lo scrupolo religioso, le loro case in base alla gloria e non strappavano alcuna cosa ai vinti eccetto la licenza dell'offesa.
Ma questi al contrario, i più pigri uomini, strappavano con elevata scelleratezza ai compagni tutte quelle cose, che gli uomini più valorosi avevano lasciato come vincitori: come dirò brevemente, sembrava che si mantenesse lo stesso potere e compiersi l'offesa.
(By Maria D.)
Versione tratta da Sallustio