Il topo di campagna e il topo di città - Grata Hora 1 pagina 254 numero 83
Mettendo a confronto la sicurezza di una vita semplice con i pericoli del lusso, questa favola di Esopo, ripresa da Fedro, racconta di un topo di campagna e un topo di città.
Traduzione della versione
Un giorno un topo di campagna invitò a cena un topo di città, suo vecchio amico. Nella squallida tana di un'antica torre offrì all'ospite un pasto modesto:
croste di formaggio rosicchiate, chicchi di ceci e di farro, uva secca e ghiande dure. L'ospite schizzinoso toccava a malapena quei cibi con il suo superbo dente, finché esclamò: "Perché, amico, sopporti una vita misera tra piogge e freddo? Perché non disdegni un cibo così vile? Vieni in città: lì c'è abbondanza di ogni delizia persino per i topi". Il consiglio piacque al topo di campagna e con il compagno si trasferì in una sontuosa casa cittadina.
Ma mentre rosicchiano cibi squisiti, all'improvviso le porte scricchiolano i soffitti delle stanze risuonano di clamori, irrompono i servi con i cani. Il topo di città fugge nelle tane conosciute; l'altro, ignaro del luogo, impazzito dal terrore, inizia a correre per le pareti.
Dopo che i servi e i cani se erano andati via, il topo di campagna disse al cittadino: "Addio, mio amico; tu rimani in città con i tuoi cibi raffinati, io torno in campagna alla mia vita povera ma sicura".