Il tempo passa e noi non ce ne accorgiamo
Veneram in suburbanum meum et querebar de impensis aedificii dilabentis. Dicit mihi vilicus non esse...
Ero giunto al mio podere e rimproveravo il fattore in merito alle spese dell'edificio cadente.
Il fattore mi dice che non è un difetto della propria trascuratezza, di aver fatto ogni cosa, ma la villa è vecchia. Questa villa è cresciuta tra le mie mani: Che cosa io sono destinato ad essere (cosa io sarò), se i sassi della mia età sono così tarlati? Adirato con lui aggiungo: "è evidente che sono stati trascurati questi platani: non hanno alcun fogliame. Quanto sono nodosi e secchi i rami, quanto spogli ed aridi i tronchi!
È chiaro che tu non hai annaffiato questi alberi." Giura sul mio nume protettore di aver fatto ogni cosa, che la sua cura non viene meno sotto nessun aspetto, ma che quelli sono piuttosto vecchi. Rivolto alla porta: "Chi è costui?" dico "questo decrepito e giustamente accostato alla porta? Guarda infatti verso fuori. Dove lo hai trovato? Che cosa ti attirò a portare qui un cadavere estraneo?". E quello: "Non mi riconosci?" disse "Io sono Felicione, a cui eri solito regalare statuette, io sono il figlio del fattore Filosito, il tuo cocchino". "Sicuramente" dico "questo delira; è diventato un ragazzetto, anche il mio cocchino?
Certo può essere, infatti gli cadono i denti!". Devo a questo mio podere suburbano che la mia vecchiaia mi apparve chiara dovunque mi sia girato.
(By Vogue )
Versione da Seneca