Il tormento dell'anima di Agostino

Sic aegrotabam et cruciabar accusans memet ipsum...tanto ampliorem incutiebat horrore; sed non recutiebat retro nec avertabat, sed suspendebat.

Così ero ammalato e e tormentato accusando me stesso molto duramente di quanto solevo e volgendo e riversandomi nel mio vincolo, finché ero completamente lacerato, ero ormai tenuto da una tale ristrettezza.

Ma tuttavia ero tenuto. E tu incombevi sui miei occhi, Signore, raddoppiando con severa misericordia i flagelli del pudore e del timore, per non cedere di nuovo e affinché non si rompa questa ristrettezza e il sottile vincolo che era rimasto e guarisca di nuovo e mi leghi robusto il prima possibile.

Dicevo infatti dentro di me: "ecco che ora avvenga, che ora avvenga" E ormai andavo con il verbo nel desiderio. Ormai facevo quasi e non facevo e non tornavo indietro tuttavia nelle cose antiche, ma stavo sul futuro e respiravo. E parimenti mi sforzavo ed ero lì poco meno e poco meno, da un momento all'altro attingevo (toccavo)

e tenevo, esitando di morire alla morte e di vivere alla vita; e questo stesso istante di tempo in cui io stavo per viverne un altro quanto più da vicino era spinto, tanto incuteva quello più pieno di terrore; ma non scuoteva indietro né deviava, ma sospendeva.
(By Maria D. )

Versione tratta da Sant'Agostino

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