Postero die quod Barbari iam segnius incursabant Hannibalis copiae iunctae sunt et ...

Il giorno successivo, poiché i Barbari ormai attaccavano piuttosto pigramente, le truppe di Annibale si ricongiunsero e il valico fu superato non senza perdite, tuttavia con maggior perdita di bestie che di uomini.

Gli alpigiani quindi, ormai piuttosto pochi e con volontà più di ruberia che di guerra, attaccavano ora l'avanguardia ora la retroguardia ogni volta che era offerta l'occasione. Gli elefanti erano condotti con grande lentezza per quelle vie alquanto strette, tuttavia rendevano l'esercito sicuro dai nemici, poiché gli alpigiani, atterriti dalla paura a causa degli animali inconsueti, non si avvicinavano più di tanto.

Il nono giorno i Cartaginesi giunsero sulla sommità delle Alpi, spesso attraverso deviazioni che facevano o per errore di coloro che li guidavano o per la non conoscenza dei luoghi. Sulla vetta venne disposto l'accampamento e fu concesso riposo ai soldati stanchi; ad essi provocò maggior terrore anche la caduta della neve. Il giorno seguente l'esercito si mise in marcia attraverso paesaggi completamente ricoperti di neve, ma procedeva piuttosto lentamente: appariva sul volto di tutti la mancanza di volontà e di forza d'animo.

Allora Annibale ordinò all'esercito di fermarsi sull'altura, da dove c'era una visuale piuttosto estesa, e, per rinfrancare gli animi, indicò l'Italia e i campi intorno al Po al di sotto dei monti Alpini.

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