Androclo e il leone
Androclus servus in Africa erat sed, cotidianis verberibus ...
Androclo in Africa era uno schiavo ma, spinto in fuga dalle quotidiane frustate, poiché cercava un rifugio, si ritirò nel torrido deserto.
Allora in un'ampia pianura trovò una grotta nascosta e piena di nascondigli e si nascose in quel luogo. Non molto dopo mezzogiorno giunse nella medesima grotta un leone, con una zampa malferma e insanguinata, emettendo lamenti e ruggiti che rivelavano il dolore e lo strazio della ferita. Androclo fu subito spaventato dal suo aspetto minaccioso, ma il leone, mite e mansueto, si avvicinò a lui e (gli) pose la zampa in grembo quasi intenzionato a chiedere aiuto.
Allora Androclo, estrasse una enorme scheggia conficcata nella pianta della sua zampa e spremette il sangue infetto dalla ferita. Allora la bestia trovò pace, e da quel giorno per tre anni interi lo schiavo e il leone vissero in piena concordia. In seguito Androclo, spinto dalla speranza di libertà, lasciò il deserto. Catturato dai soldati e condotto a Roma dal suo padrone, fu condannato alla pena di morte e consegnato alle bestie.
Ma nel circo, quando vide un leone che gli veniva contro, riconobbe l'immagine della bestia un tempo sua amica. Il leone, infatti, si avvicinò a lui mite e, memore dell'aiuto, poggiò il suo piede nel grembo di Androclo, mostrando fedeltà. Allora sia il servo che il leone furono liberati.
Versione tratta da: Gellio