versione latino - LECTIOR BREVIOR - Cesare e gli Elvezi
Cesare e gli Elvezi
versione latino di Cesare
versione dal libro lectior brevio
Traduzione Italiana
A Cesare viene riferito il disegno degli Elvezi di attraversare i territori dei Sequani e degli Edui per spingersi nella regione dei Santoni, non lontani dai Tolosati, un popolo stanziato nella nostra provincia.
Si rendeva conto che, se ciò fosse accaduto, la presenza di uomini bellicosi e ostili, al confine di quelle zone pianeggianti ed estremamente fertili, avrebbe rappresentato un grave pericolo per la provincia. Di conseguenza, posto il legato T. Labieno a capo delle fortificazioni costruite, si dirige a marce forzate in Italia, dove arruola due legioni e ne mobilita altre tre, che svernavano nei pressi di Aquileia.
Con le cinque legioni si dirige nella Gallia transalpina per la via più breve, attraverso le Alpi. Qui i Ceutroni, i Graioceli e i Caturigi, appostatisi sulle alture, tentano di sbarrare la strada al nostro esercito. Respinti questi popoli in una serie di scontri, da Ocelo, la più lontana città della Gallia cisalpina, Cesare dopo sei giorni di marcia giunge nel territorio dei Voconzi, nella Gallia transalpina.
Da qui conduce l'esercito nelle terre degli Allobrogi e, poi, dei Segusiavi, il primo popolo fuori della provincia, al di là del Rodano.
stesso titolo ma Dal libro "Lectio Brevior" (diversa)
Cesare, essendo informato che gli Elvezi si proponevano di attraversare la nostra provincia, affretta la sua partenza da Roma, si dirige a marce forzate con la massima rapidità verso la Gallia transalpina e giunge a Ginevra.
Ordina che tutta la provincia fornisca il maggior numero possibile di soldati; dà disposizione di distruggere in ponte che sorgeva a Ginevra.
Gli Elvezi, conosciuto il suo arrivo, mandarono i legati da lui; erano intenzionati ad attraversare la provincia senza arrecare danni e gliene chiedevano licenza. Cesare, ricordandosi che gli Elvezi avevano ucciso il console Lucio Cassio e (ricordandosi che gli Elvezi) avevano costretto l’esercito, dopo averlo sconfitto, a subire l’onta del giogo, non riteneva giusto concedere il permesso;
inoltre era convinto che questa gente dall’animo ostile non si sarebbe astenuta da offese e danni, una volta concessa la facoltà di attraversare la provincia.